L’UOVO PRIMA DELLA GALLINA

GIORGIO FABRETTI

Il Naturale, Capitale o Artificiale che sia, è il DNA-uovo che diventa gallina.

La gallina serve solo a portare avanti il codice uovo, per cui i capitali strategici si investono nella modifica Crispr-cas9 o equivalente, mentre l’allevamento di polli e galline, ne è un

prodotto tattico conseguente.

Senza il giusto Dna, i passaggi successivi dall’uovo ai miliardi di polli e galline non darebbero né utilità né profitti, soprattutto in un contesto economico competitivo e ancor più come nicchia di un ecosistema selettivo.

Il concetto è così già chiaro. E in questo saggio viene preso in considerazione per mostrare come il Naturale sia naturalmente progressivo tecnologico, teso a progettare e fluidificare una operazione zootecnica generativa piuttosto che degenerativa, secondo gli studi dell’ultimo Darwin, in cui la “Domesticazione genetica, è il procedimento migliorativo dell’utilità, del benessere, del valore della vita, e di conseguenza anche del profitto.

Le uova e i polli allevati male, in batterie affollate, in cui sanguinano e vengono ingozzati di antibiotici, portano sofferenze e malattie in aumento tra i polli e chi li mangia, e di conseguenza un calo di domanda, vendite e profitti.

Al contrario, i polli allevati liberi a terra, curandone le immunoresistenze in via biogenetica, sono più sani, felici e possibilmente non dovrebbero nemmeno essere mangiati, ma restare animali da cortile per la pet-therapy dei bambini, giacché le proteine si possono ottenere

senza uccidere né animali né piante, come sostenevano Oldfield e Gandhi a Londra nel 1891, con le cliniche della Fruitarian Society della Golden Age, in quanto avevano letto e capito Darwin molto meglio di Marx.

In poche parole è chiaro come l’economia politica del Naturale, sia orientata all’ingegneria genetica della Domesticazione darwiniana, finalmente possibile ingegneristicamente oltre che eticamente, grazie alla scienza biologica dei microscopi elettronici e dell’informatica genetica.

Stiamo parlando di un campo progressivo che funge da restauratore di un campo ecobio naturale ancestrale, con cui si possa rimettere nella carreggiata della natura una specie

sbandata con eccessi biologici o artificiali, etici velleitari o economici cinici; sia essa specie composta di polli o di scimmie Sapiens.

La via è la stessa. Investire in logica genetica ecobiologicamente integrata, sincronizzata e sostenibile. Qui è il nucleo, il cuore di un’etica economica politica, e non nelle sciocchezze comuniste dell’ “egemonia culturale gramsciana”, che fu velleitario progetto di impotenza educativa applicata agli umani come alle galline.

Se l’uovo è progettato male, i Gramsci o i Guru non servono a niente, se non ad una catena di errori e rimedi peggiori dei mali. Ci voleva una impostazione etica materialista scientifica,

perché poteva produrre più spiritualità di qualsiasi pedagogia idealista.

Le galline si progettano e non si educano. I Sapiens sono galline presuntuose, autoreferenziali e fallite, perché non accettano l’esempio, lo studio, il consiglio della Natura.

La Royal Society londinese del 1660, che si diede il compito filantropico di migliorare la condizione ominide attraverso la scienza della natura, era nata da un gruppo di eccentrici pensatori protestanti, che a seguito del Rinascimento Italiano e del suo seguace inglese Francis Bacon, si erano riuniti in pochi, per esplorare se il culto neoclassico della natura

potesse portare i seguaci della stessa con gli studi scientifici a capirne ed applicare i principi per migliorare la condizione bestiale degli uomini.

La Scienza ai tempi di Francis Bacon (1561-1626), pilastro del governo britannico, era già stata messa a punto da Pitagora a Archimede a Lucrezio a Fibonacci a Ficino a Leonardo a Machiavelli a Copernico a Colombo a Keplero (1571-1630, contemporaneo di Bacon) nel senso di una svolta verso il naturalismo, la matematica, la sperimentazione, il miglioramento tecnologico dell’economia e delle condizioni di vita.

Nel 1585 l’Inghilterra sconfiggeva le armate di Spagna e del Papa, e avviava una graduale

rapida rivoluzione sociale interna con Elisabetta I (1533-1603), che arrivava a Oliver Cromwell (1599-1658) calvinista Provvidenzialista che fece uccidere (1649) il re Carlo I Stuart, in una lotta contro i principi astrusi di monarchici, aristocratici e chierici, e in favore dei borghesi o comunque di chi investiva in tecniche che allineassero lavoro e produttività con le leggi di natura.

Allo storico appare chiaro che la cronologia di svolta fu l’inizio del 1600, in cui coincisero sia la nuova economia politica delle Compagnie delle Indie, che le visioni matematiche scientifiche di Cartesio, a cui sarebbe seguito Galileo nel 1611, i Lincei a Roma, la crisi nel Concilio di Trento dell’ortodossia dell’Inquisizione Cattolica, la Controriforma, il revival dei Lincei con l’Accademia Reale del 1674 ispirata a Cristina di Svezia dal Fabretti romano, che

con Alfonso Borelli trasferì a Newton e alla Royal Society la grande tradizione del naturalismo scientifico neoplatonico rinascimentale, ad un più convinto empirismo e sperimentalismo naturalistico britannico, che era diventato statuale con Francis Bacon ed i suoi seguaci.

Questi ultimi furono con Newton e il suo assistente Stukeley, i sistematori pratici del

pensiero naturalistico archeologico scientifico etico erede delle Accademie Italiane, in circoli neodruidici e massonici, integrati con il nascente capitalismo e parlamentarismo monarchico dei futuri Windsor, incoronati con la Glorious Revolution del 1689.

In mezzo secolo cruciale, a cavallo tra 1600 e 1700, si posero le fondamenta filosofiche e pratiche del mercantilismo e dell’industrialismo che avrebbero portato nel 1800 alla globalizzazione dell’Impero Britannico, di cui il pilastro era quel “Capitale” di cui scrisse idealisticamente Marx, mentre Darwin poneva la basi per una analisi naturalistica

dell’economia politica, in cui il Capitale appariva più realisticamente come uno strumento della natura, per mettere il turbo a un’aspirazione del DNA Sapiens a diffondersi

demograficamente ed economicamente senza arresto, incentivando le quantità industriali senza curarsi dell’ecosistema.

Si avviava così una crescita senza limiti a spese degli sfruttati e dell’ambiente, fino a chi scrive nel 1968, dove ai Lincei di Roma, sotto al ritratto di Raffaele Fabretti, il Club di Roma, con il massonico Aurelio Peccei, illustrava con decine di scienziati da tutto il mondo i limiti della crescita industriale, imposti dall’inquinamento e dalla sua tossicità per la specie Sapiens.

Così si imboccava una via del capitalismo critico verso lo stesso, il quale spingeva per una dematerializzazione mediatica delle merci già avviata in epoca consumistica, sino ad

approdare rapidamente ad una sua digitalizzazione e virtualizzazione in reti globali, che apriva la strada all’economia politica della conoscenza, dei dati e della medicina genetica, ben più utile sostenibile e profittevole della transizione sociale mediatica virtuale della finzione manipolatrice alla Orwell o alla Truman Show.

La “Fattoria degli animali” del 1945 e “1984” del 1949, romanzi sociologici di Orwell,

descrivevano la fase finale dell’illusione comunista che si sarebbe profeticamente conclusa nel 1989, ma anche i pericoli dell’alternativa consumistica mediatica e poi virtualistica che sarebbe seguita al Comunismo, in versione capitalistica fino ad oggi, e comunque fino al

riconoscimento del Pianeta come una “Fattoria degli animali”, ma non da manipolare e macellare l’uno contro l’altro, quanto piuttosto da allevare in modo sostenibile, coltivando e convivendo con l’ecosistema in modalità sostenibili e perciò nuovamente profittevoli, anziché precarie perché inquinate o malate.

Ecco, dopo questo inciso storico cronologico, perché si arriva a un’idea globale di

rigenerazione a ripartire dall’ “uovo” Dna, per nuove galline, nuovi Sapiens, nuova “Fattoria degli animali”, con meno guerre e meno malattie che la scienza è riuscita a collegare tecnologicamente ad alcuni tratti genetici anacronistici patologici, anche perché adattivi nella savana originaria, ed inquinanti stragisti nella civiltà delle megalopoli e

dell’antropocene, che corrispondono all’allevamento malato e inquinante delle galline in batteria.

La gallina è madre dell’uovo, solo dopo che l’uovo è stato padre della gallina. Questa è l’impostazione dell’economia politica del Naturale, a cui tante scoperte scientifiche e politiche della ricerca ci hanno condotto in 425 anni da quel fatidico inizio del 1600 tra

naturalismo e matematica come linguaggio della natura, con cui iniziava un dialogo epocale, nel tentativo di sopravvivere ai tratti genetici Sapiens che da adattivi si stavano mostrando involutivi a spirale, con nuovi mali che emergevano ad ogni rimedio.

Tutti gli imperi della storia erano decaduti, come tutte le prediche di tutte le religioni e

filosofie non avevano raggiunto i loro fini dichiarati. La specie Sapiens non appare “evolutiva”, ma agonizzante in una spirale involutiva nelle sabbie mobili di tecnologie i cui effetti a

distanza comportano modifiche ambientali in cui aumenta la fatica adattiva dei Sapiens,

ormai esausti e vicini ad un collasso nell’ecosistema, come le galassie nei buchi neri, secondo un principio entropico che attrae ed usa la complessità per dissolverla.

Non si risolvono le complicazioni con altre complicazioni, per tecnologiche che siano,

perché questa è la via certa al collasso ed all’annichilimento della materia nell’antimateria in agguato.

Il materialismo in sostituzione dello spiritualismo non basta, perché ci vuole la matematica, ovvero il linguaggio della natura dominante, per capire il destino del Sapiens è di tutte le cose sulla scena più grande di un tempo selettivo secondo algoritmi sconfinati in natura, che oggi cominciamo nel piccolo Sapiens a scoprire.

I Dna sono algoritmi che istruiscono la costruzione dei corpi e delle persone in ambienti

termoregolativi a loro volta algoritmici, ma dominanti. Se tale dominio non viene riconosciuto e computato, ci sono poche chance di sopravvivenza per cervelli così limitati come nei Sapiens. Le AI ce lo dimostreranno traumaticamente, perché per essere potenti le adatteremo ai tempi delle forze naturali che ci superano di molto, e ci sopraffarranno.

Riconoscere l’uovo che genera la gallina, è impostare u dilemma in modo operativo pratico realistico e non sofistico. Salviamo le galline come salviamo i Sapiens, rigenerandoli “ab ovo”, ad ogni invenzione tecnologica importante. Sarà come “l’Uovo di Colombo”, ovvero qualcosa che sembra scontata ed invece è fondamentale. Scopriremo una nuova America, quella dei codici della vita. Sarà un Odissea 2101 nel Tempo più che nello Spazio, ma avremo l’AI “Al”, che come nel profetico film di Stanley Kubrick, cercherà di eliminare gli astronauti.

Ma la differenza dal 2001, speriamo che sia la consapevolezza che i rimedi ad Al potrebbero portarci a una civiltà distopica come nel film “Blade Runner”.

Insomma, gli avvisi ci sono, e tanti. Il Naturale non può procedere a tutta forza come il

Capitale, o con raggiri come il Sociale. Servono i Codici, ovvero le Chiavi della Natura, sape fo che cambia o di continuo. Non ci salderemo, ma dureremo un po’ di più.

(Qui 1689 parole di Giorgio Fabretti il 29.1.25, come gli Anni della Glorious Revolution, in cui lo Stato si rifondò per la prima volta sotto l’influenza di una Royal Society, di studi naturalistici scientifici, all’insegna del motto “Nullius in verba”, che è anche quello di questo saggio, dove le parole non servono a niente altro che a spiegare perché non servono).