di Francesco Luigi Gallo
A seguito del terzo convegno organizzato dalla Fraternità Laica di San Domenico (Cattedrale di Cosenza, 25 gennaio 2025) che mi ha visto in veste di organizzatore oltre che di relatore, vorrei continuare a riflettere, con rinnovata attenzione, sul concetto cristiano di fede, intenzionato ad esplorarne la natura e a delinearne i contorni in modo che possa essere adeguatamente compreso, rispettato nella sua ricchezza e illuminato dalla sua profondità. Vorrei affidare queste riflessioni al ilmondonuovo.club per garantire a questa riflessione il massimo della diffusione possibile.
Non di rado la fede cristiana viene equivocata, ridotta a una semplice emozione o a un impulso sentimentale che la rende estranea alla razionalità umana, come se fosse un fenomeno di natura esclusivamente irrazionale. Tuttavia, essa si configura come un atto razionale che coinvolge ogni dimensione dell’essere umano, ponendosi come un cammino che va ben oltre i confini della sola capacità intellettiva. La fede non è un atto separato dalla ragione, né una facoltà che agisce in modo autonomo e indipendente; al contrario, è una modalità intrinseca della ragione stessa, una sua apertura verso una verità che trascende ogni limite umano, una verità che giunge alla nostra comprensione attraverso la Rivelazione divina.
La comprensione più profonda della fede cristiana passa attraverso il riconoscimento che essa non è separata dalla ragione, ma ne rappresenta una forma più alta, un’espansione che libera la razionalità dal suo stretto orizzonte empirico. La fede non è un’adesione a un sentimento astratto o a un’entità vaga, ma un atto di ragione che, purificandosi dalle rigidità della mera intellettualità, si apre ad una verità che non può essere contenuta nei limiti della conoscenza sperimentale. In altre parole, la fede non annulla la ragione (azione impossibile, dato che la fede non agisce dall’esterno ma è una forza interna alla ragione stessa) ma la purifica, la eleva e la indirizza verso una verità che è sempre relazione, sempre un incontro con una Persona vivente, con Gesù Cristo stesso.
Come scrive Giovanni Paolo II in Fides et Ratio: «La fede e la ragione sono come due ali che permettono all’anima di salire alla contemplazione della verità». Qui si sottolinea con grande chiarezza che la fede non si pone mai in opposizione alla ragione, ma le conferisce la capacità di volare verso verità che la ragione, nella sua modalità empirica e scientifica, non può raggiungere e peraltro l’immagine emblematica delle due ali, come osserva giustamente Antonio Staglianò, evoca e veicola perfettamente l’idea che la fede e la ragione sono dimensioni della stessa entità, così come le ali, pur essendo due, sono parti del medesimo ente. Unico è il volo della persona, spiega Staglianò, e due sono le ali che lo rendono possibile.
La fede, dunque e fuor di metafora, non è altro che una forma della ragione, una forza intrinseca che dall’interno la purifica e la innalza, permettendole di confrontarsi con quella Verità che trascende (non negandola ma superandola) la mera conoscenza sperimentale. In quest’ottica, la fede non è un’illusione o una fuga dalla realtà, ma una via per penetrarla più profondamente e, dal punto di vista antropologico, è anche un modo per realizzare massimamente la natura umana.
Nel suo documento magisteriale Giovanni Paolo II va oltre, sostenendo che la fede non è semplicemente compatibile con la ragione, ma che essa la stimola ad un impegno più radicale, ad una ricerca della verità che va oltre ciò che è immediatamente verificabile. «Nondimeno alla luce della fede che riconosce in Gesù Cristo tale senso ultimo, non posso non incoraggiare i filosofi, cristiani o meno, ad avere fiducia nelle capacità della ragione umana e a non prefiggersi mete troppo modeste nel loro filosofare. La lezione della storia di questo millennio, che stiamo per concludere, testimonia che questa è la strada da seguire: bisogna non perdere la passione per la verità ultima e l’ansia per la ricerca, unite all’audacia di scoprire nuovi percorsi. E la fede che provoca la ragione a uscire da ogni isolamento e a rischiare volentieri per tutto ciò che è bello, buono e vero. La fede si fa così avvocato convinto e convincente della ragione» (Fides et Ratio, n. 56).
La fede, quindi, non è la negazione della razionalità, ma la sua spinta a superare il suo confinamento e a sfidare le proprie certezze, spingendo la ragione a confrontarsi con l’infinito e con l’assoluto. Giovanni Paolo II sottolinea come la fede cristiana, in particolare la fede in Gesù Cristo come “senso ultimo”, non solo non mortifica la ragione, ma la stimola ad andare oltre i propri limiti. La fede, infatti, offre una visione più alta e completa della realtà, suggerendo che la ragione non è mai autosufficiente, ma è sempre in ricerca di un “senso ultimo” che dà coerenza e significato a tutte le cose. La fede, pertanto, apre alla ragione orizzonti più ampi, invitandola a non fermarsi a risposte parziali o provvisorie, ma a cercare continuamente la verità più profonda che trova in Cristo la sua massima espressione.
Il Papa invita anche i filosofi, cristiani e non, a non accontentarsi di “mete troppo modeste” nel loro filosofare. La fede cristiana, lontana dall’essere un’ideologia che promuove una ragione debole o rassegnata, esorta piuttosto a un impegno intellettuale profondo. Non ci si può limitare a risposte superficiali o a soluzioni facili: la fede spinge a una ricerca instancabile della verità, che è un cammino continuo di approfondimento e di crescita. In questo contesto, la fede cristiana vuole uomini e donne capaci di affrontare le sfide intellettuali con coraggio e determinazione e con decisa onestà intellettuale non rinunciando alla ricerca della verità più alta, anche se questa ricerca può apparire ardua e complessa (soprattutto nel tempo del dominio del pensiero debole e rassegnato).
Questa riflessione ci porta a comprendere che la ragione cristiana non coincide con la ragione scientifica, che si limita al mondo misurabile e osservabile. La fede cristiana, infatti, si fonda non sulla realtà empirica, ma sulla testimonianza di una persona, Gesù Cristo, la cui verità non può essere verificata dai metodi scientifici, ma si riconosce nel cuore e nella mente, nell’esperienza viva di chi si apre ad essa. Jean Mouroux, uno dei pensatori più raffinati del Novecento, esprime con grande lucidità questo aspetto: «Se l’oggetto essenziale della fede è una persona, la credibilità… non è anzitutto, né semplicemente, la proprietà di un oggetto, ma la manifestazione d’una persona». La fede cristiana non si limita a un’adesione a concetti astratti, ma è adesione ad una Persona concreta, il Testimone per eccellenza, che nella sua testimonianza ci rivela la verità di Dio.
In quest’ottica, la fede cristiana diventa un cammino in cui l’individuo, pur rimanendo ancorato alla propria razionalità, è chiamato a lasciare che questa lo conduca oltre il suo orizzonte empirico, per abbracciare una verità che è anche esperienza personale, incontro e relazione. La fede, dunque, non è un atto esclusivamente intellettuale, ma coinvolge tutta la persona umana, dalla sua sfera affettiva alla sua sfera intellettiva, in un processo che li purifica e li armonizza. Come scrive Giovanni Paolo II: «Il Dio che si fa conoscere, nell’autorità della sua assoluta trascendenza, porta anche con sé la credibilità dei contenuti che rivela. Con la fede, l’uomo dona il suo assenso a tale testimonianza divina. Ciò significa che riconosce pienamente e integralmente la verità di quanto rivelato, perché è Dio stesso che se ne fa garante» (Fides et Ratio, n. 13). La fede, quindi, non è solo un atto razionale, ma anche un atto di amore che si radica profondamente nell’essere umano e lo coinvolge interamente, sia nel suo intelletto che nel suo cuore.
San Tommaso d’Aquino, in particolare, ci invita a comprendere la fede come un atto d’amore che coinvolge l’intera persona nel suo rapporto con Dio. La testimonianza cristiana, infatti, non si riduce a un insieme di verità teoriche conseguibili per merito della ratio naturalis, ma è una relazione vivente con una Persona che si rivela nella storia, e che invita ogni uomo a rispondere in modo personale e concreto. La fede cristiana, quindi, è la possibilità di incontrare la verità di Dio non solo in modo astratto (al modo dei Greci), ma come esperienza di una relazione autentica e trasformativa.
Ho detto quindi che la fede cristiana non è un atto irrazionale, ma è il modo in cui la ragione si apre all’incontro con una Verità che trascende ogni limite umano. Essa, quindi, non è solo un’affermazione teologica, ma un’esperienza vivente che si inserisce nel cammino della persona, che implica un atto di adesione totale alla Rivelazione.
In questo senso, la fede cristiana è un cammino che ci porta a conoscere e ad amare Dio in una verità che non può essere contenuta nei limiti delle sole categorie scientifiche o razionali. Essa è, infine, un cammino di trasformazione, un atto che arricchisce e perfeziona la persona, come sottolineato puntualmente ancora da Jean Mouroux: «L’atto di fede non è soltanto un atto personale, ma un atto personalizzante. Non è un complesso irrazionale radicato in bassi istinti di felicità, capaci di rinunciare, per saziarsi, alla dura luce della ragione; ha invece le sue origini in un appetito illuminato, pacato, liberato, e perfeziona la persona spirituale purificandola e unendola al Dio personale».
In conclusione, la fede cristiana è una via che conduce l’individuo alla conoscenza più profonda e vera di sé, del mondo e di Dio, in un cammino esistenziale, prima ancora che conoscitivo, che permette un incontro importante tra la ragione umana e la Verità vivente, e ogni passo compiuto su questo cammino trasforma la persona, purificandola ed elevandola verso la sua autentica destinazione: l’unione con Dio.
Commenti
Una risposta a “LA FEDE CRISTIANA COME POSTURA DELLA RAGIONE UMANA”
Ho letto con attenzione ed interesse.Concetti che ognuno di noi dovrebbe avere innati ma che spesso vengono mascherati nascosti senza ragione.
Condivido in pieno ed esorto alla lettura