di Giorgio Fiorentini
Molte volte ho scritto e detto pubblicamente che il volontariato professionalizzato (e destinatario di formazione seria e specializzata nelle competenze) è un lavoro.
Le reazioni sono spesso scandalizzate da parte di coloro che intendono il volontariato solo come un “supplemento d’anima” e quindi il lavoro come atto impuro che svilisce il volontario.
Altri hanno un atteggiamento guardingo e sospettoso perché si sentono un po’ minacciati da questa avanzata di cittadini che, con il lavoro volontario, suppliscono ai vuoti dei servizi dello Stato e delle istituzioni in genere. E magari chiedono qualche riconoscimento istituzionale ed organizzativo che va al di là della “pacca sulla spalla”.
Il volontariato professionalizzato e competente è un lavoro che si qualifica sempre di più e svolge parti del processo di servizio per il bene comune. Altrimenti “bene comune” senza volontariato è un “bias” concettuale perché si dichiara, ma non si realizza.
“Lavoro” e “Attività “sono spesso usati come sinonimi, ma in realtà hanno significati distinti, soprattutto in ambito sociale ed anche giuridico.
Il Lavoro è un’attività produttiva finalizzata alla produzione di beni o servizi, che richiede uno sforzo fisico o mentale e che è svolta in cambio di un compenso, monetario o meno. Infatti, può essere retribuito o non retribuito: il lavoro retribuito è quello che viene svolto in cambio di un salario o stipendio, mentre quello non retribuito comprende attività come il volontariato o il lavoro domestico, spesso non registrate nelle statistiche ufficiali. Il volontariato come lavoro ha intenzionalmente l’orientamento al risultato, è aumentativo (se ed in quanto si riesce), è svolto con responsabilità, implica discrezionalità integrando la razionalità dell’agire e la valorialità della solidarietà e dell’altruismo.
L’Attività, di converso, indica qualsiasi azione o insieme di azioni svolte da una persona in modo generico, senza che sia necessariamente finalizzata alla produzione di beni o servizi o al conseguimento di un compenso.
In sintesi: tutto il lavoro è un’attività, ma non tutta l’attività è lavoro.
Esiste la concettualizzazione dell’ILO (International Labour Office) che sancisce il volontariato come lavoro (funzionale non retribuito) ed in aggiunta ha emanato un “Manuale sulla misurazione del lavoro volontario “con una metodologia standardizzata.
E da qui parte il sillogismo che se il volontariato professionalizzato e competente è un lavoro, i volontari svolgono un lavoro e quindi ad essi possono essere applicate le leggi, i regolamenti che hanno come oggetto il lavoro che non necessariamente deve essere retribuito. Da qui il passaggio al “governo” ed alla “governance”.
Il regolamento europeo sull’Health Technology Assessment e le nuove disposizioni della Legge di Bilancio 2025, indicano le associazioni dei pazienti con un ruolo formale nei processi decisionali in sanità.
Infatti, con il Regolamento Europeo sull’Health Technology Assessment (HTA) – la valutazione delle nuove tecnologie sanitarie – entrato in vigore a gennaio 2025, si richiede il coinvolgimento strutturato dei pazienti nelle valutazioni dei nuovi farmaci e dispositivi e con la Legge di Bilancio 2025, che ha istituito un Registro Unico delle associazioni di pazienti riconosciute e ne ha previsto la presenza nei processi decisionali nazionali.
In quest’ottica il volontariato (infatti le associazioni dei pazienti sono composte da volontari) assume un ruolo di partecipazione attiva e di “governo “nelle istituzioni. Questo principio, per ora in sanità, sarà allargato anche ad altri settori.
Inoltre, il volontariato professionalizzato e organizzato come Ente Del Terzo Settore-ETS (organizzazioni di volontariato, imprese sociali, fondazioni) è pronto per l’applicazione della nuova legge del 14 maggio 2025, (Ddl 1407-approvato in via definitiva dal Senato) sulla Partecipazione dei Lavoratori alla Gestione Aziendale. Essa riguarda la partecipazione dei lavoratori alla gestione, all’organizzazione, ai profitti (ma nel caso del volontariato si rinuncia) e ai risultati delle aziende. Il provvedimento disciplina le modalità operative per il coinvolgimento dei lavoratori, in attuazione dell’articolo 46 della Costituzione (“Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro e in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende”).
Tutto questo nel rispetto dei princìpi europei, con l’obiettivo di favorire la collaborazione efficace tra datori di lavoro e lavoratori, preservare i posti di lavoro e valorizzare l’apporto sul piano economico e sociale.
Quindi le Associazioni di volontariato professionalizzato sono, in nuce, nuovi e possibili componenti del” governo” (governance) delle aziende pubbliche, private profit e non profit come componenti operative per la produzione dei beni e servizi.
Il caso delle attività sanitarie, sociosanitari, socioassistenziale è emblematico. Il volontariato professionalizzato e competente rappresenta il valore aggiunto di servizio, coerente con le aspettative dei pazienti e degenti e funzionale al miglioramento del loro processo di recupero delle condizioni di salute (totale o parziale).
Una quota di servizio viene offerto dai volontari, se ed in quanto attivi nelle istituzioni sanitarie. Infatti le esigenze di produttività sanitaria e il contenimento dei costi ha creato, in alcune realtà, l’esigenza di avvalersi dei volontari per dare tutto ciò che è “altro dalla prestazione”.