di Giancarlo Governi
Oggi voglio parlare di Giacomo Brodolini, perché di lui non parla più nessuno, come se fosse stato condannato a una damnatio memoriae come tutto quello che si rifà all’idea socialista, viva e presente in tutto il mondo occidentale e cancellata dalla memoria soltanto in Italia, dove, anche quando si parla di eroi e martiri socialisti, come i sindacalisti Placido Rizzotto e Salvatore Carnevale uccisi dalla mafia, si omette di dire che erano socialisti.
Di Giacomo Brodolini si dovrebbe parlare sempre, se non altro perché è stato il padre dello Statuto dei Lavoratori, che ha dato valore giuridico a quel Lavoro che i Padri Costituenti misero a cardine della nostra Costituzione.
Brodolini è stato un politico con una storia particolare, un dirigente del partito socialista che, divenuto uomo di governo, ha fatto riforme, in meno un anno, riforme che l’Italia aspettava da decenni e che hanno retto per decenni nonostante gli attacchi dei reazionari. E che sono sciaguratamente cadute, colpite da quello che si potrebbe definire il “fuoco amico”.
Alla fine degli anni Sessanta, dopo una decina di anni di miracolo economico, nelle categorie più povere, dei lavoratori che avevano lavorato a giornata senza nessuna tutela né versamento di contributi né assistenza malattia, vessati da un “caporale” che decideva per loro, della parola pensione non si conosceva neppure il significato. La pensione per tutti arriverà molti anni dopo, alla fine degli anni Sessanta, grazie all’impegno di questo grande dirigente socialista, Giacomo Brodolini, il quale, dopo che gli venne diagnosticato un male che lo avrebbe portato alla tomba, rifiutò il dicastero importante che gli si proponeva, e chiese al suo partito di essere nominato ministro del Lavoro, un dicastero sempre rifiutato fino ad allora dai socialisti, perché ritenuto troppo compromettente. In pochi mesi, Brodolini, prima di morire, riuscirà a realizzare le più importanti riforme in favore dei lavoratori, a cominciare dalla pensione minima per tutti, anche per coloro che non avevano mai versato un contributo.
Brodolini per questo passò alla storia, una storia dimenticata come tutta la storia del movimento operaio legato al Partito Socialista e a quel grande movimento riformista ad esso legato. Brodolini passò alla storia, dicevo, anche per il suo capolavoro che fu lo Statuto dei Lavoratori, per il quale si servì della collaborazione di grandi giuslavoristi come Gino Giugni, e che è stato per tanti anni la carta costituzionale del lavoro, con il famoso articolo 18 che è stato un po’ il “l’ultimo fortilizio” a difesa dei lavoratori. Soprattutto a tutela di quei lavoratori che subivano vessazioni e licenziamenti per motivi politici e sindacali.
Brodolini non voleva essere chiamato “ministro del Lavoro” ma “ministro dei lavoratori”. Memorabile la sua ultima notte di Capodanno passata insieme ai lavoratori di una fabbrica occupata, oppure quando si recò ad Avola in Sicilia, dove la polizia aveva ucciso due braccianti in sciopero, a portare la sua vicinanza e la sua solidarietà.
Oggi i tempi sono cambiati profondamente e l’articolo 18, il cardine dello Statuto del Lavoratori, è stato abolito perché sembra essere diventato l’ostacolo principale alla riforma e al rilancio del lavoro e quindi della economia italiana. Sostituito da un complesso di leggi che hanno chiamato job act, una sorta di latinorum di manzoniana memoria che si usava per non far capire al popolo la vera natura delle cose.
Ora sembra ci abbiano ripensato e hanno raccolto le firme per far abrogare queste leggi sul lavoro. I referendum si terranno fra qualche giorno ma nessuno spiega il loro significato a un elettorato che sembra avere preso in uggia le elezioni e che diserta le urne per il 50 per cento, anche nelle elezioni fondamentali per la vita politica del Paese. Come possiamo pensare che il referendum possa raggiungere il quorum del 50 per cento più 1 dei votanti, se anche quel signore che ricopre la seconda carica dello Stato e che dovrebbe considerare le elezioni il primo cardine della democrazia, invita all’astensione.
A noi rimane il ricordo e l’insegnamento del socialista Giacomo Brodolini, proclamato eroe civile dal Presidente della Repubblica. E passato alla Storia d’Italia.
Giampaolo Sodano
Voglio sottoscrivere questo articolo di Giancarlo soprattutto per il sentimento di riconoscenza che ho per Giacomo Brodolini, quel vicesegretario del PSI che mi ricevette nel suo ufficio a Via del Corso per ascoltarmi e risolvere con una telefonata il problema di lavoro che gli avevo sottoposto. Avevo 22 anni, avevo vinto un concorso e avevo una moglie e una bambina.
Ci sarebbero tante altre ragioni, e ben più importanti, per onorare la memoria di un uomo e di un dirigente politico che ho avuto la fortuna di seguire fino al giorno della sua morte. Ma quello che più conta oggi, alla vigilia di un voto referendario su una legge che riguarda la normativa sul lavoro, è ricordare ai cittadini che ogni nuova norma sul lavoro venuta dopo lo statuto dei lavoratori ha privato i lavoratori della tutela di diritti indispensabili. lo Statuto dei lavoratori non è una qualsiasi legge è la Costituzione dei lavoratori, manometterlo è stato un atto politico scellerato, ma ancora più grave è sapere che l’abolizione del cosiddetto job act porterà semplicemente al ritorno alla legge Fornero. In definitiva dalla padella alla brace. Tutto ciò perché si è voluta cancellare dalla legislazione italiana insieme ad una legge giusta anche la memoria di un ministro che sul letto di morte firmò il testo della legge che istituiva nel nostro paese lo Statuto dei lavoratori.
Commenti
Una risposta a “IL MINISTRO DEI LAVORATORI”
Bravi. Con l’occasione vorrei ricordare anche la figura di un grande storico del movimento operaio che conobbi in gioventù a Parigi Alceo Riosa insieme a tutti coloro che si sono impegnati nella Fondazione Brodolini.