QUOS DEUS PERDERE VULT, DEMENTAT PRIUS

di Carmine Fotia

Alla disfatta referendaria si adatta bene l’antica locuzione latina: Dio fa perdere la ragione a coloro che vuol rovinare. Non so come altro commentare le reazioni del campo stretto (Pd-Avs-M5S) e della Cgil ai risultati del voto di domenica e lunedì scorsi. Trenta per cento di votanti e referendum nullo, malgrado la discesa in campo della potente organizzazione del più grande sindacato italiano, la Cgil, che ha promosso i 4 referendum sul lavoro per abolire il jobs act, cui aveva aderito il Pd che quelle leggi le aveva varate.  

E, invece di riflettere sulla bruciante sconfitta esultano, perché hanno preso oltre 12 milioni di voti, poco più di quanti ne prese Giorgia Meloni nel 2022. A proposito di ragione perduta il cosiddetto “teorema Boccia” (dal nome del suo geniale inventore, capogruppo Pd alla camera) spiegava che con quella cifra sarebbe l’arrivato l’avviso di sfratto al governo Meloni.

Dimentichiamo per un attimo che paragonare voto referendario e voto politico, come spiegano tutti gli esperti, è concettualmente errato; tralasciamo il fatto che l’astensione nei referendum può essere criticata ma è perfettamente legittima altrimenti non sarebbe stato previsto un quorum; e non consideriamo che almeno un terzo degli elettori del centro sinistra non è andato a votare e un quinto di quelli di destra si, per cui, a rigor di logica, ai mandatari dell’avviso di sfratto andrebbero aggiunti i primi e sottratti i secondi.

Ignoriamo per un momento la logica e restiamo al “teorema Boccia”:  alle ultime elezioni politiche il Centrosinistra (Pd-Avs e forze minori) prese 7 milioni e 340 voti pari al  26,1% ; il M5S 4 milioni 335 mila voti pari al  15.43% ; IV-Azione 2 milioni 186 mila voti  pari al 7.78%. 

Quindi i votanti al referendum sono, ammesso che si lì si possa sovrapporre (cosa ripeto sbagliata), più o meno gli stessi che votarono per Pd e M5S nel 2022 e già allora se si fossero sommati questi voti a quelli di IV e Azione il campo largo avrebbe stravinto le elezioni politiche e lo sfratto sarebbe arrivato prima che Giorgia Meloni avesse potuto insediarsi nell’appartamento.

Se ciò non è avvenuto non è per un destino cinico e baro  ne’ soltanto per la perenne vocazione “tafaziana” della sinistra (dicesi tafaziana l’attitudine tipica della sinistra radicale ad auto infliggersi delle devastanti martellate sulle parti basse), ma perché le distanze politiche e programmatiche erano e sono enormi. E se non si risolvono quelle non c’è scorciatoia referendaria che possa risolverle.  E senza l’appoggio dei riformisti del centro sinistra il campo stretto sarà sempre perdente. Renzi, in questo momento il più lucido nel centrosinistra, forte anche del fatto che il referendum contro il suo job act è fallito,  lo ricorda a tutti.

Vivere nella bolla delle manifestazioni perenni, della eterna mobilitazione contro senza mai chiarire per che cosa si batte il centrosinistra, largo o stretto che sia, non conduce da nessuna parte. I nodi sono intricati e difficili da sciogliere, a cominciare proprio dalla questione del lavoro: inseguire la Cgil in battaglie di retroguardia che non toccano i problemi reali dei lavoratori, bassi salari, assenza di formazione professionale, mancanza di un welfare in grado non solo di assisterli nel momento del bisogno ma anche di accompagnarli nella ricerca di un nuovo lavoro. 

E poi la politica estera: stare senza ambiguità con l’Ucraina e prendere le necessarie decisioni sul Riarmo europeo, come fanno il Labour e la Spd, oppure inseguire il radicalismo pacifista alla Melenchon? Essere per “due popoli, due stati” condannando in egual misura il terrorismo di Hamas e i massacri dell’attuale governo di Israele, oppure flirtare con chi parla di genocidio e non riconosce il diritto alla sicurezza di Israele? 

In economia, per fare un esempio, si proseguirebbe con le politiche  assistenzialistiche imposte dai governi Conte come il 110% che ha rifatto le case dei ricchi sfasciando i conti pubblici, oppure si avvierebbe un nuovo Piano Casa come quello di Amintore Fanfani nel governi di centro-sinistra (quello vero) degli anni sessanta, per costruire nuovi alloggi per i giovani e i ceti popolari che nelle grandi città non possono permettersi un affitto ai prezzi correnti e neppure posso acquistare una casa?

Ho fatto solo degli esempi, quello che voglio dire è che non si costruisce l’alternativa alla destra solo agitando la paura della destra. I muscoli servono, eccome, serve manifestare, scendere in piazza, fare opposizione in parlamento.  Ma senza il  cervello i muscoli sono inutili o addirittura controproducenti. Vedo in giro molte palestre dove si allenano i muscoli, pochissime dove si esercita il cervello. Eppure la sinistra che vinceva, nel primo centrosinista, negli anni settanta con la solidarietà nazionale, negli ottanta con i governi Craxi, negli novanta con il primo Ulivo, aveva un’idea di sè in funzione del paese, e quindi un’idea di paese. 

Senza un risveglio culturale prima che politico della sinistra riformista, Giorgia Meloni non riceverà alcun avviso di sfratto.