LE RADICI DEL DISAGIO GIOVANILE

di Gaia Bertotti

Il 5 ottobre si è celebrata la Giornata mondiale degli insegnanti, un’occasione per riflettere sul ruolo centrale della scuola e della formazione nella costruzione di una società più consapevole. Un tema che, solo due settimane fa, è stato al centro anche del Festival della Filosofia di Modena, dedicato quest’anno alla “Paideia”, la formazione dell’essere umano come cittadino e individuo morale.

In quell’occasione, abbiamo incontrato il professor Vincenzo Lavenia, storico e docente universitario, per parlare di educazione e disagio giovanile, due dimensioni oggi più intrecciate che mai.

Secondo i dati più recenti dell’Istituto Superiore di Sanità, quasi un adolescente su cinque in Italia manifesta sintomi di ansia o depressione, mentre oltre il 30% dei giovani tra i 14 e i 24 anni dichiara di aver vissuto episodi di disagio psicologico significativo negli ultimi dodici mesi. A ciò si aggiunge un incremento preoccupante dei disturbi alimentari e delle dipendenze digitali, con un crescente numero di ragazzi che riferisce difficoltà nel gestire il tempo online e nel mantenere relazioni reali.

Il mondo adulto – genitori, insegnanti, educatori – si trova così a dover affrontare una sfida complessa: educare in un contesto in cui le coordinate emotive, sociali e culturali si sono profondamente trasformate. Ed è proprio da qui che parte la riflessione del professor Lavenia: come ricostruire un’idea di educazione che non sia solo trasmissione di conoscenze, ma cura delle fragilità e costruzione di senso.

La sua voce ci accompagna in un dialogo necessario, che intreccia filosofia, storia e psicologia, per comprendere cosa significhi oggi “formare l’essere umano” in un’epoca segnata dall’incertezza, dall’iperconnessione e da un crescente bisogno di ascolto.