L’ALLEANZA DEI CIVICI 30 ANNI DOPO

Torino. La scorsa settimana, in una affollatissima bocciofila torinese della “Rive Gauche” del Po, i civici della città della Mole, di ALDER e Alleanza per Torino si sono dati appuntamento per discutere di civismo, di Piemonte e di prospettive future della città e della regione. 

Due tavoli di dibattiti: uno programmatico, l’altro più politico. Il primo con relazioni, analisi e proposte curate da gruppi di lavoro il secondo con i due assessori torinesi della Giunta del Sindaco Stefano Lo Russo, Paolo Chiavarino e Franco Tresso, una consigliera comunale torinese, Elena Apollonio, le Sindache di San Mauro e Settimo, due comuni della prima cintura torinese, Giulia Guazzora ed Elena Piastra. 

Intorno ai due tavoli si sono ritrovate anime, sensibilità e storie molto diverse tra loro. Il merito di iniziative come queste è sempre stato e resta quello di provare a creare gli spazi di confronto di cui nella politica di oggi c’è gran bisogno per favorire la partecipazione delle persone. 

Certo, l’eterogeneità non è per forza un qualcosa di positivo nella politica, ma come dice Pino De Michele, coordinatore di ALDER ed organizzatore della serata, le idee corrono sulle gambe delle persone, lo stesso vale per il consenso e la capacita di organizzare movimenti di opinione e associazioni. Vista la partecipazione però è lecito essere curiosi e aspettarsi da Torino sviluppi e contributi positivi. 

Giuseppe De Michele, detto Pino, è stato uno degli animatori della prima esperienza civica di successo in Italia, quella che portò all’elezione di un sindaco in una grande città italiana che non proveniva dai partiti.

Correva l’anno 1993, pochi mesi dopo lo strappo di Tangentopoli. A Torino nasce Alleanza per Torino, a sostegno di Valentino Castellani, un professore del politecnico che sarà sindaco per 10 anni e presidente del comitato olimpico. Curiosità, tra gli eletti della lista civica Alleanza per Torino c’è una giovane economista di belle speranze… Si chiama Elsa Fornero… 

Nel suo libro, De Michele ricostruisce i passaggi di quella stagione, dalla nascita dell’Asinello di Prodi prima e della Margherita poi, fino al PD e alle vicende di oggi, in cui paradossalmente si ritorno all’origine, cioè al civismo dell’Alleanza dei democratici che ridiventa Alleanza per Torino, nell’ambito di un centro sinistra che oggi equivale sotto la Mole alla maggioranza dell’attuale sindaco. E che oggi come allora cerca di ri-coinvolgere quelle forze della comunità disponibili a progettare una nuova vocazione ed una nuova identità per una città che in questi anni è cambiata in maniera sorprendente da tutti i punti di vista. 

De Michele un anno e mezzo fa scrive un libro, “Pino, il centauro e la politica dei bogianen” (si scrive bogianen e si legge bugia-nen, nel dialetto locale sta per “persona che non si muove” e si ispira allo stoicismo orgoglioso dei soldati sabaudi  nell’antica battaglia dell’Assietta del 1747, un episodio della storie che è diventato anche un tratto distintivo dell’identità di quella città…). 

De Michele ragiona sulla storia della lista civica del 1993 e sulle prospettive di oggi, convinto che i civici siano sostanzialmente l’ultima possibilità per rianimare un centrosinistra in difficoltà di idee e di consenso. Naturalmente De Michele ha in mente i civici liberal e orientati verso il centro sinistra in assenza di un contenitore per riformatori, liberali e democratici che dia credibilità ad una alternativa al governo attuale. E prova anche a valorizzare esperienze che vengono dal basso o dalle periferie, che spesso si rivelano molto più interessanti di quelle main stream che vengono dalla ZTL della città.

La scelta del titolo del libro tra l’latro è provocatoria ed eloquente: i torinesi secondo loro hanno anticipano tutto, almeno cosi dicono, ma poi diventano conservatori e conservativi. Oggi Torino è cambiata, e il tema non è tanto il fatto che non è più la città dove si costruiscono le auto ma quella dove si recuperano le vecchie automobili nella logica del riciclo e della economia circolare, quanto piuttosto l’assenza di una idea di futuro percepibile e condivisa nella comunità. 

Un idea partecipata appunto. Siamo un paese dove si vota sempre e sempre meno persone vanno a votare, e dove il partito di maggioranza è ormai stabilmente quello degli astenuti.

Il tema dell’astensione è uno dei più cari alle liste civiche che in questi anni sono nate, che hanno animato le competizioni elettorali locali e che hanno tentato in più momenti di darsi un coordinamento ed una piattaforma condivisa. Le liste civiche dunque sono una realtà che ha caratterizzato la politica in Italia degli ultimi trent’anni, e che oggi hanno uno spazio se possibile ancora maggiore che in passato. 

Forse è utile ripartire dai fondamentali….

C’era una volta, tanti anni fa, il partito, tecnicamente una organizzazione che era allo stesso tempo una comunità, una visione del mondo e una narrazione di quella visione.

Si occupava di amministrare la cosa pubblica in un mondo che cambiava velocemente dati i rampi di allora, meno velocemente di oggi certo, ma nel secolo scorso il passaggio era tra il cavallo e la macchina con il motore a scoppio.

Ma l’amministrazione era intesa come uno strumento per la politica, che nella cultura del ‘900 equivaleva all’idea di costruire comunità e società coerenti con le visioni che ispiravano queste organizzazioni.

Il ‘900, il secolo breve, è il secolo delle contraddizioni: grandi guerre, calde e fredde e lunghi periodo di pace e prosperità. È il secolo della massa, del lavoro e dello stato sociale, della democrazia e dei Regini totalitari, della rivoluzione industriale basata sull’energia elettrica prima poi sui primi calcolatori. In generale è il secolo dello stato e della politica. Difficile pensare che la politica del XXI secolo sia la stessa di quella del secolo scorso: troppo diverso il contesto, economico, sociale e culturale. Molto diverso il livello di complessità e di interconnessione tra mondi e sensibilità diverse e troppo diverso il modo di vivere e pensare delle persone oggi per ritenere che si possano ripercorrere gli schemi c on cui si immaginava il futuro nel secolo scorso.

Il nostro è un tempo di passaggio verso un mondo di tecnologie che cambiano il modo di fare e di pensare delle persone. E il problema per noi è provare a cercare metriche e paradigmi che ci consentano di leggerne le dinamiche, e poi cercare di capire dove vogliamo andare e per fare che cosa.

Il ruolo della politica in questa fase storica è, dovrebbe essere, indicare senso e direzione di questo cambiamento. 

Ed in questa fase storica i movimenti civici e le energie delle persone sono preziose per rimettere al centro del discorso pubblico le competenze assieme alle cose su cui occorre decidere.

Hanno favorito la partecipazione e coinvolto energie che operavano nel concreto quotidiano della società, proponendo una visione “pragmatica”  e post ideologica dell’amministrazione in una fase storica in cui emergevano nuovi soggetti politici. I civici, come si sono fatti sempre chiamare hanno rivelato la fragilità del sistema partitico nato sulle ceneri della prima repubblica e introdotto obiettivamente un elemento di novità importante nella politica del nostro paese. Non sono però mai riuscite a elaborare una piattaforma politica che sorreggesse lo sforzo amministrativo e consentisse di superare una la dimensione locale delle diverse organizzazioni.

Quelli che hanno provato a mettere assieme queste esperienze con l’ambizione di costruire soggetti politici compiuti, si sono dovuti misurare con una serie di problemi e di contraddizioni che si sono rivelate insanabili, ma che rivelano una volta di più la necessita di un luogo, fisico possibilmente e non solo virtuale, dove mettere assieme le esperienze e le pratiche, più che un soggetto politico che faccia alleanze a livello nazionale imponendo sensibilità e strategie che con il civismo locale c’entrano poco. Sicuramente il civismo sul territorio continua a mostrare tutta la sua concretezza e la sua vitalità. 

Poi certamente, sostiene De Michele, le idee corrono sulle gambe delle persone…


Commenti

Una risposta a “L’ALLEANZA DEI CIVICI 30 ANNI DOPO”

  1. Avatar Gianni
    Gianni

    Il civismo, come “medicina” per curare gli astensionisti? Oggi è il tempo giusto per convertire al voto chi si è allontanato sconfitto dall’idea che serva a niente votare. I partiti devono necessariamente farsi carico dei problemi che affliggono i territori, mettendosi in ascolto degli elettori.
    Buon lavoro a tutti
    G PETTINATO