di Michele Campanozzi
Nella Teologia si parla di un Dio “Uno e Trino”, certamente un immenso Mistero dinanzi al quale anche il grande Sant’Agostino (354-430) dovette chinare la testa. Nel mondo di oggi invece circolano e sono operative altre immagini del divino: si pensa, si segue e si tende a difendere piuttosto un Dio Plurimo dalle mille sfaccettature che possono essere ricondotte sostanzialmente a una ibrida Triade: il nevrotico accumulo di Beni Materiali con i relativi soddisfacimenti fisici (denaro, ricchezze varie, possesso e commercio di elementi di sfruttamento con la ricerca di piaceri voluttuosi fini a se stessi…); l’esercizio del Potere da raggiungere a qualunque costo e ricorrendo a ogni mezzo, prescindendo ed escludendo motivazioni di qualsiasi natura sensata; la dipendenza psicologica quasi totale dalla moderna Tecnologia.
Beni Materiali. Non meraviglia più di tanto se si assiste a una corsa smodata all’acquisto consumistico di ogni bene, a violenze su corpi con stupri non solo su donne ma anche su minori, a orrende guerre per la conquista di nuovi territori, a morti innocenti conteggiate semplicemente come numeri, al gusto perverso di togliere la vita al prossimo per il semplice motivo di vedere, come direbbe Enzo Iannacci, “l’effetto che fa”, all’assenza di scrupoli nell’organizzare operazioni sociali e finanziarie a prescindere dai costi e dai riflessi sull’ambiente e quindi sulla stessa vita umana, ai sotterfugi e alle menzogne che vanno acquisendo una falsa colorazione come di positiva e creativa intelligenza, ai furti e alle molte truffe, ai pizzi criminali e agli attentati organizzati e perpetrati nei confronti di persone e oggetti come fosse la normalità dei tempi, ecc.
Non parliamo poi della rinascita di nazionalismi a oltranza a costo di spargimenti di sangue per migliaia di persone a fronte, purtroppo, di una globalizzazione spesso selvaggia e senza alcuna regola, secondo la quale ogni forma di attività sarebbe lecita in nome dell’interesse dei grandi gruppi economici e a scapito della precarietà del lavoro che si verrebbe così a creare insieme alla ricerca di sfruttamento di una manodopera a basso costo: il vantaggio privato sembra prevalere su tutto, prescindendo dal rispetto per la dignità delle persone e della equa distribuzione della ricchezza. Naturalmente come conseguenza di tali premesse non potevano non mancare gravi crisi finanziarie come quella del 2007-2008.
Si sta assistendo, inoltre, a una diffusa svalutazione dei sistemi di valori come a voler sradicare gli alberi dalle loro radici con la cancellazione della memoria e a una profonda crisi in vari settori evidenziata da tempo dal monaco-filosofo bavarese Oswald Spengler (1880-1936) nel suo ben noto libro “Il tramonto dell’Occidente”, pubblicato nel lontano 1918, come del disorientamento nelle varie ideologie analizzato nel lavoro di Lucio Colletti (1924-2001) pubblicato nel 1981 “Crisi delle ideologie”, e attualmente nelle stesse democrazie, un patrimonio certamente del mondo occidentale, perché in esse si vanno smarrendo l’accorta vigilanza e la prudente lettura della realtà nel capire che ogni organizzazione democratica della società implica una quotidiana faticosa costruzione della stessa: cioè non è data come scontata e soprattutto per sempre.
Sostanzialmente si sa che ogni forma di democrazia si regge su un delicato equilibrio fra i vari poteri onde evitare il rischio che prevalga solo uno annullando tutti gli altri e allora comincerebbero ad aver inizio i guai per tutti. Oggi sembra prendere piede in più esperienze governative una sorta di tecnocrazia oligarchica volta essenzialmente a condizionare e a impoverire i più deboli e a privilegiare i più forti. Si fa un gran discutere poi, spesso per bassi motivi elettorali, sulla emigrazione di popoli, ma si è mai pensato alle ragioni che la determina? Queste non sono forse da trovare nella invivibilità in molti luoghi di provenienza per fame e guerre, nei pericolosi cambiamenti climatici dovuti al disimpegno da parte di economie più potenti non disponibili a rivedere i propri piani nazionali di sviluppo in vista del bene comune, pur di favorire magari vantaggi di alcuni privilegiati? Basti osservare chi non ha firmato gli Accordi di Kyoto del’11 dicembre 1997 e di Parigi del 21 aprile del 2016: sono proprio esse! Certamente il passaggio al cosiddetto “verde” richiede sempre tanta saggezza e gradualità nelle scelte necessarie da operare nel tempo onde evitare la conseguenza di migliaia di disoccupati.
Non si pensa frattanto alla desertificazione che si va diffondendo in molti luoghi, alla carenza di acqua, agli effetti dello sfruttamento di interi territori da parte di molti perpetrati lungo il corso dei secoli e anche oggi, alla naturale ricerca di sopravvivenza, di per sé una esigenza legittima anche se troppo spesso utilizzata e manipolata a scopi di illeciti guadagni da parte dei sempre pronti gruppi criminali disponibili a sfruttare ogni occasione di evidente fragilità umana? Naturalmente la ricerca di una vita decorosa non poche volte è costata la morte di tanti innocenti, compresi numerosi bambini: il nostro Mare Mediterraneo si è trasformato, purtroppo, in un cimitero per migliaia di esseri umani. L’opera dell’accettazione e dell’inclusione è un dovere da contribuire a far vivere nell’attento rispetto fra le varie culture e delle regole in vigore nei luoghi di accoglienza.
Un problema come questo, spesso usato come distrazione di massa da altre ben più urgenti necessità irrisolte (sanità, scuola…), non si nega con la semplice e superficiale pratica della emarginazione o della chiusura di frontiere. Si è dimenticato che nella Storia le emigrazioni o invasioni ci sono sempre state: da quelle indoeuropee a quelle cosiddette barbariche come nell’antico Impero Romano (Unni, Visigoti, Ostrogoti, Goti…) e durante lo stesso Medioevo (Longobardi, Franchi, Normanni, Svevi, Angioini, Aragonesi, Arabi…). Tutto sta a saper trovare e coniugare una sintesi nella capacità integrativa fra i popoli che non faccia più leva sulla ideologia ma sul buon senso e su una relazionalità più intelligente fra e con tutti.
Che dire poi in nome di facili guadagni sui tanti traffici di droghe, sull’utilizzo delle molte debolezze soprattutto giovanili e specialmente dei loro conseguenti nefasti effetti sulla salute, su un civile comportamento nella società, sulla salvaguardia della stessa vita, con le innumerevoli tragedie delle quali sono investite parecchie famiglie che non sanno più quali soluzioni trovare? Questo Dio Plurimo lo si vede presente all’interno di molte famiglie, dove spesso si è perduto il gusto della comunicazione favorendo in maniera strana lo sviluppo di diffuse solitudini determinate spesso da vere e proprie dipendenze da tecnologie usate anche a tavola con le quali si parla a distanza e con gente sovente sconosciuta. Di pace in essa spesso non si nota più neanche l’ombra, assistendo molto di frequente a vere e proprie guerre fratricide per una fetta di eredità, alla perdita di antiche amicizie delle quali solo la parola sembra essere rimasta perché ognuno tende a chiudersi a riccio nell’angustia del proprio piccolo guscio.
Tutto questo accade quando la materia nella manifestazione delle sue varie espressioni viene venerata ed elevata a sovrana divinità.
Il Potere. L’altra faccia di questo Dio Plurimo è la sfrenata spregiudicatezza e a volte una vera maniacale psicosi della conquista del potere con ogni mezzo, troppo spesso anche con la violenza, prescindendo e sovente disprezzando il rispetto delle norme e delle leggi, usando magari linguaggi e comportamenti a dir poco da sotterfugi inqualificabili sul piano della normalità. Purtroppo questo è un dio arrogante che acceca, ottunde le menti, rende aridi i cuori, spegne e distrugge ogni segno seppur minimo di Fratellanza Umana e con le varie e camuffate dittature di ogni colore e genere vanifica e sopprime le stesse fondamentali libertà: altro che difesa di purezza della razza, di etnie originali da salvaguardare, di identità da tutelare con la forza e la violenza, di Storia e Bellezze, delle quali averne certamente sempre cura ma mai da imporre come uniche, di assurde discriminazioni di colore, idee o di genere.
La vera Armonia sta nella accettazione e nel dialogo equilibrato con le tante diversità che invece arricchiscono e possono schiudere orizzonti conoscitivi a volte inimmaginabili. Naturalmente le originalità andrebbero sempre tutelate, ma anche rese fruibili da parte di tutti, perché ogni Uomo, prima che di un luogo o di una particolare cultura, è innanzitutto e primariamente figlio dell’Umanità. Il volto di questo particolare Dio-Potere è quasi sempre destinato a scomparire, a perdere e a finire nella polvere della Storia.
La Tecnologia. C’è poi la schiavitù alla quale sta sottoponendo un po’ tutti la stessa Tecnologia che, al dire di Herbert Marcuse ((1898-1979) nel suo famoso lavoro “L’uomo a una dimensione” pubblicato nel 1964, con l’industrializzazione ha spinto l’uomo a essere un semplice consumatore di beni materiali, mortificando altre esigenze di altrettanta primaria importanza (cultura, sentimenti…). Nel 1999 Umberto Galimberti ha descritto molto bene la dinamica di questo fenomeno nel suo studio “Psyche e Techne”, presentando una Tecnologia che troppo spesso viene utilizzata come un mezzo non sempre di sviluppo dell’Uomo ma come uno strumento per autoriprodurre se stessa.
Oggi si è giunti alla Intelligenza Artificiale con gli algoritmi dell’annessa robotica, un ottimo aiuto certamente per la soluzione di alcuni problemi, ma anche un grave rischio se si sostituisse all’uomo nelle decisioni che solo quest’ultimo in maniera critica è chiamato responsabilmente a controllare e a prendere. Comunque essa andrebbe sempre governata con Saggezza e mai porsi nelle condizioni di esserne dipendenti o peggio schiavi, come purtroppo oggi spesso accade sin da quando si è bambini. Ma il vero problema e il potenziale pericolo per il futuro starà nel reperimento delle fonti energetiche, che poi sono alla base dello stesso sviluppo tecnologico. Cosa accadrà quando queste saranno esaurite?
Allora? In questo mondo che da tempo si sta avviando alla perdita di un’anima occorrerebbe rivedere un po’ il tutto, non si può continuare più su questa scia, non si può uccidere l’avvenire della Terra e dei suoi abitanti seguendo questo modo di essere e di vivere a dir poco sub-umano.
Si rende quanto mai necessario garantire la salute dell’ambiente e di chi lo abita (persone, animali, piante), predisporre risorse adeguate per risolvere problemi legati alle difficoltà idrogeologiche dei territori, eliminare gli egoismi sempre in agguato, rimodulare un nuovo modello di sviluppo più favorevole alla vita con le conseguenti scelte più intelligenti da compiere, partendo dalla riscoperta e dal rispetto per la vivibilità e la personale e l’altrui dignità, ridare una sua serietà al servizio, alle emozioni positive, alla crescita comune nel sapere e nella conoscenza da trasferire poi nelle scelte di ogni giorno, a un accrescimento di cultura per poterne godere da parte di tutti i suoi frutti benefici.
Il vero Dio, che non dipende dalla manipolazione umana eretta a proiezione dei propri limiti o deliri ritenuti onnipotenti, esiste e non è affatto morto come voleva Friedrich Nietzsche (1884-1900) nella sua opera “La gaia scienza” e in “Così parlò Zarathustra” , dove si riferiva più che altro alla sua assenza dalla scena di questa Storia umana e da qui nasceva il suo nichilismo. Anche il nostro Francesco Guccini nel 1967 aveva composto una canzone intitolata “Dio è morto”, ma con un significato ben diverso: gli egoismi, secondo l’Artista, avevano allontanato Dio dalla presenza fra gli uomini come Padre che ama i più deboli e i poveri, perché faceva comodo renderlo invisibile per seguire i propri non sempre puliti comodi. Questo era il profondo messaggio dell’Autore.
Il vero problema, dunque, è che Dio muore in un mondo quando questo si lascia guidare da un vuoto d’anima: è proprio questa, che, non rendendosi viva nella sua operatività, è come lo volesse scacciare dalla mensa del vivere, sostituendolo con idoli privi di senso, perché comodi surrogati alle tante miserie da voler giustificare in qualche modo, senza pensare minimamente che tutto poi passa e si dissolve con il tempo. Non è forse questa la lezione che l’esperienza quotidiana ha da sempre insegnato e che tuttora dovrebbe ancora insegnare? Se si ascoltasse maggiormente il Silenzio, se si guardassero i propri simili con nuovi occhi e se si facesse illuminare e guidare di più la mente da indirizzi etici che si trovano al di là di essa, forse questo mondo potrebbe riacquistare una briciola di quella sua antica anima oggi perduta! Quando terminerà, dunque, la latitanza delle coscienze nel tralasciare finalmente le sirene di fatui totem e scegliere invece la sostanza di un Dio Luce e Vita? Chissà. Speriamo quanto prima.
Commenti
3 risposte a “IL DIO DI UN MONDO SENZ’ANIMA”
Una analisi profonda, vera, reale della società attuale. Tocca, ora, prendete coscienza di tali situazioni espresse con chiarezza e profondità dall’amico fraterno Michele e tentare di operare concretamente, anche nel nostro piccolo, per dare una svolta verso la pace, la giustizia e la solidarietà. Grazie Michele.
Con questa sua ulteriore pubblicazione il Prof. Michele Campanozzi, mettendo egregiamente a frutto le sue conoscenze e capacità culturali, narrative ed espositive, ha fatto una precisa analisi di quelle che sono le maggiori criticità sociopolitiche e culturali, che condizionano negativamente il mondo in cui oggi viviamo, suggerendo anche quali potrebbero essere le eventuali soluzioni per tentare di venirne fuori e ricostruire un mondo migliore.
Già il titolo dice tutto e..tanta verità nelle tue riflessioni!