IL DESTINO CLIMALTERATO DELL’UOMO

Bill Gates dice “così così”!

di Giorgio Fiorentini

“L’uomo è artefice della propria fortuna” (Homo faber fortunae suae) è una frase attribuita a Appio Claudio Cieco, un politico e scrittore romano del III secolo a.C., noto per aver promosso l’idea che il destino non è predeterminato, ma può essere modellato dalle azioni e dalle decisioni dell’individuo.

Il tema è di determinare un futuro che non è un destino, ma un insieme anche di conseguenze scientifiche.

“Il destino climALTerato” che dipende dall’uomo è messo in discussione.

Infatti, questo concetto è base esplicativa del fatto che le attività umane sono il principale fattore responsabile dell’aumento della concentrazione di gas serra in atmosfera, che ha provocato un innalzamento della temperatura media globale di circa 1,1°C rispetto alla fine del XIX secolo.

Tale riscaldamento è associato a gravi conseguenze, come ondate di calore estreme, precipitazioni intense, siccità, incendi, acidificazione degli oceani, ritiro dei ghiacciai, estinzioni di specie e diffuse carenze alimentari e idriche, con impatti su scala globale.

L’uomo è artefice del suo destino (che provoca un danno irreparabile per sé e per gli altri) privilegiando la crescita economica senza limiti ed equilibrio rispetto alla sostenibilità ambientale.

Si è creato uno squilibrio radicale e si è segnato l’ingresso in una nuova epoca geologica – l’Antropocene, come proposto dalla Commissione Internazionale di Stratigrafia (ICS) – in cui l’influenza antropica ha portato al superamento di diversi limiti planetari, tra cui il cambiamento climatico, indebolendo così i meccanismi di autoregolazione della Terra.

Questa la tesi che sembrava condivisa, ma “contrordine compagni”.

Bill Gates è diventato un “tiepido attivista climatico” forse anche per la  situazione politica statunitense, che con il governo di Donald Trump, apertamente contrario alle politiche per mitigare gli effetti del riscaldamento globale, crea pressione per un processo di reversibilità che sia meno radicale.

«Nonostante il cambiamento climatico abbia gravi conseguenze, in particolare per le persone nei paesi più poveri, non significa che questo porterà al declino dell’umanità. Le persone potranno continuare a vivere e a prosperare in buona parte della Terra per il prossimo futuro» ha scritto Gates.

In sintesi, il processo reversibile per ritornare a posizioni climatiche sopportabili deve sviluppare un cammino-processo tale per cui ogni punto del processo sia in equilibrio e sviluppi un miglioramento o un blocco del sistema negativo e dia un saldo positivo del processo per ritornare su posizioni vivibili per gli uomini.

La velocità del processo dipende anche dalla pressione (esterna, Trump, imprese?) che facilitano o meno il processo di reversabilità. Cioè si determina una permeabilità rispetto alle opzioni ideologico-politiche.

Pur in questo contesto ambiguo, è incontrovertibile, questo sì, che la prima causa delle grandi emissioni di gas serra che determinano il riscaldamento del pianeta è l’uomo.

Per scongiurare scenari catastrofici (secondo Bill Gates ora non più) e migliorare la qualità dell’aria, è considerato cruciale raggiungere le emissioni nette pari a zero entro l’inizio degli anni 2050 Alla luce dell’urgenza globale nel contrastare i rischi e gli impatti delle emissioni climalteranti, questa tesi si concentra su quelle aziende che, storicamente, hanno contribuito in maniera significativa al problema del cambiamento climatico: le cosiddette Carbon Majors

Quindi è importante tracciare le emissioni di CO₂ e metano fino ai produttori di combustibili fossili.

Per uscire dalla retorica euforicamente “catastrofista o ottimista”, gli studi dicono che 90 tra le principali società petrolifere, del gas, del carbone e del cemento sono attori chiave di inquinamento.

In particolare, 83 produttori di combustibili fossili risultano responsabili del 63% delle emissioni industriali cumulative globali di gas serra, la maggior parte delle quali rilasciate dopo il 1986.

I report dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA)7, del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP)8, e del World Resources Institute (WRI)9 identificano il settore energetico come la principale fonte di emissioni, seguito da industria, trasporti e agricoltura. Negli ultimi anni, i principali Carbon Majors sembrano cercare di conciliare il dilemma sopra descritto, impegnandosi formalmente a raggiungere emissioni nette pari a zero entro il 2050.

L’UE sta adottando una strategia proattiva per promuovere un cambiamento di paradigma verso la sostenibilità, con l’obiettivo di trasformare sia le politiche dell’UE che le pratiche a livello globale.

In coerenza con lo sviluppo delle politiche e delle normative dell’UE in materia di sostenibilità, anche le normative sulla divulgazione della sostenibilità stanno evolvendo: un numero crescente di aziende nell’UE è ora obbligato a riferire su tematiche relative all’Ambiente, al Sociale e alla Governance (ESG).


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