Perché le istituzioni Ue hanno ridimensionato alcuni punti qualificanti della legislatura al tramonto1
Tredici/A Hermes Storie di geopolitica – Europa
Giampiero Gramaglia
Giornalista,
co-fondatore di Democrazia futura, già corrispondente a Washington e a Bruxelles
Giampiero Gramaglia nell’articolo “Un’Unione da guerra con toni populisti” spiega come recita l’occhiello “Perché le istituzioni Ue hanno ridimensionato alcuni punti qualificanti della legislatura al tramonto”: “l’Unione europea, da alcuni mesi, ha mostrato – osserva l’ex direttore dell’Ansa – la tendenza elettoralistica, e quindi populista, ad affossare le opzioni verdi e a valorizzare, invece, il percorso dell’Europa della Difesa, intesa, però, come rafforzamento dell’industria degli armamenti, per dare più sostegno all’Ucraina dall’aggressione della Russia. Dall’autunno 2023, da quando cioè governi e deputati hanno cominciato a sentire odore di voto, come purosangue che fiutano la stalla, le Istituzioni europee, soprattutto Consiglio dei Ministri e Parlamento, ma anche la Commissione, hanno rinnegato, o ridimensionato, punti di forza qualificanti della legislatura al tramonto. Le scelte verdi anti-riscaldamento globale – prosegue Gramaglia – sono state subordinate agli interessi economici sostanzialmente negazionisti dei settori dell’auto e dell’energia o a spinte corporative come quella degli agricoltori. E, verso le elezioni europee, il disegno dell’Unione della Difesa, ideata come pilastro europeo dell’Alleanza atlantica, è stato retrocesso a Unione dell’industria degli armamenti: una fabbrica di guerra e un outlet di armi d’asporto, tutto al contrario di un laboratorio di tutela della pace”.
06 maggio 2024
Bandiere dell’Unione europea e degli Stati membri nella Hall del palazzo che ospita i lavori dei Vertici europei
Munizioni, non api!. Che, in inglese, suona quasi un gioco di parole: ‘Bullets, not bees!. Sotto questa insegna, Politico.eu aveva collocato il Vertice europeo ‘speciale’ di metà aprile, l’ultimo, salvo drammi, prima delle elezioni europee dal 6 al 9 giugno.
Che cosa vuol dire? È un modo, molto scanzonato, per segnalare che l’Unione europea, da alcuni mesi, ha mostrato la tendenza elettoralistica, e quindi populista, ad affossare le opzioni verdi e a valorizzare, invece, il percorso dell’Europa della Difesa, intesa, però, come rafforzamento dell’industria degli armamenti, per dare più sostegno all’Ucraina dall’aggressione della Russia2.
Dall’autunno 2023, da quando cioè governi e deputati hanno cominciato a sentire odore di voto, come purosangue che fiutano la stalla, le Istituzioni europee, soprattutto Consiglio dei Ministri e Parlamento, ma anche la Commissione, hanno rinnegato, o ridimensionato, punti di forza qualificanti della legislatura al tramonto. Le scelte verdi, anti-riscaldamento globale, sono state subordinate agli interessi economici sostanzialmente negazionisti dei settori dell’auto e dell’energia o a spinte corporative come quella degli agricoltori.
E, verso le elezioni europee, il disegno dell’Unione della Difesa, ideata come pilastro europeo dell’Alleanza atlantica, è stato retrocesso a Unione dell’industria degli armamenti: una fabbrica di guerra e un outlet di armi d’asporto, tutto al contrario di un laboratorio di tutela della pace.
Per giustificare il gioco di parole, Politico osservava che
“la bozza delle priorità dell’Unione per i prossimi cinque anni insiste sulla difesa e menziona appena il cambiamento climatico”.
E notava tutta una serie di prese di posizione recenti dell’Unione europea – in tema di migranti, di clima, di agricoltura – che antepongono opportunismi immediati a scelte lungimiranti.
Decisioni spesso contraddittorie di impegni già assunti e talora di convergenze politiche consolidate, sovente approssimativamente motivate: quando il ministro dell’Economia italiano Giancarlo Giorgetti si chiede chi pagherà i costi dell’efficientamento energetico delle nostre case, dovrebbe piuttosto chiedersi chi paga il costo dell’inefficienza energetica delle nostre case, non solo nei termini del riscaldamento globale, ma anche nei termini più prosaici di ‘caro bollette’.
Ue: verso elezioni europee, nomi e progetti
La conferenza stampa di Enrico Letta e Charles Miche (Fonte: siti Ue)
L’involuzione elettoralistica dell’Unione europea non s’è poi concretizzata oltre misura al Vertice i metà aprile perché è successo che, come accade spesso, l’attualità ha fatto deragliare una riunione che doveva tratteggiare il futuro dell’Unione, dal miglioramento della competitività al completamento, mai realizzato, del mercato unico, traendo linfa dai lavori preparatori affidati a due ex premier italiani, Mario Draghi, che sta ponderando il suo rapporto, ed Enrico Letta, che ha già consegnato il suo.
Il documento di Letta ha ricevuto molti apprezzamenti, ma anche qualche critica. L’ex premier nota: “Il vero nemico del mio lavoro è il cassetto”. Una destinazione che, specie col cambio della guardia da una Commissione all’altra, non può essere esclusa. Vale anche per i suggerimenti di Draghi, se l’ex governatore della Banca centrale europea non si troverà in posizione di forza dopo il rinnovo delle Istituzioni europee.
Draghi, infatti, è in corsa per uno degli incarichi di punta della prossima legislatura 2024-2029, cioè la presidenza della Commissione europea, dove le chances di Ursula von der Leyen, che sembrava inattaccabile, sono in caduta libera in questa fase, tra diffidenze politiche e incidenti di percorso.
Ad avere “sguainato i coltelli” contro la presidente uscente – l’immagine, che è corrente a Bruxelles, evoca le Idi di Marzo – sono socialisti, verdi, liberali, che hanno tutti loro candidati a quel posto, più o meno di facciata, e che sono indispettiti dall’insistenza con cui Ursula von der Leyen corteggia i conservatori; ma c’è fronda anche nel suo partito, i popolari europei.
Il presidente del Consiglio italiano Mario Draghi interviene all’Assemblea generale delle Nazioni unite
Man mano che le elezioni europee s’avvicinano, si rafforza l’impressione che il rafforzamento dei conservatori e dei sovranisti, largamente pronosticato, non sarà così forte da consentire maggioranze alternative, rispetto a quella ‘europeista’ fra popolari, liberali, socialisti e verdi. Nonostante la ‘corsa al centro’ puramente ‘acchiappa voti’, dei conservatori italiani, cioè Fratelli d’Italia, non è detto che popolari e liberali accettino di fare comunella con un gruppo in cui ci sono gli integralisti cattolici polacchi e la destra spagnola franchista di Vox.
Da sinistra a destra il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelen’skyj e il presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen
Quanto alla ripartizione delle presidenze, della Commissione, del Consiglio – l’ex premier belga Charles Michel, liberale, non dovrebbe essere confermato – e del Parlamento europeo – attualmente, la popolare maltese Roberta Metsola –, la prima scelta spetterà all’Assemblea uscita dalle elezioni europee dal 6 al 9 giugno: uomo o donna, di quale nazionalità, di quale famiglia politica, gli eurodeputati decideranno nella prima sessione del nuovo Parlamento, a luglio.
Il loto voto condizionerà le scelte dei capi di Stato o di governo dei 27 cui spetta designare il presidente della Commissione, che deve ricevere l’investitura del Parlamento, e quello del Consiglio. A tenere in corsa Draghi è il presidente francese Emmanuel Macron. L’Italia di Giorgia Meloni pare, invece, tifare Ursula von der Leyen, anche se non potrebbe certo mettersi di traverso all’ex premier.
L’Unione gambero degli ultimi mesi non ha voce in capitolo nelle guerre in Ucraina e tra Israele e Iran o nella Striscia di Gaza. Ascolta, senza poterli soddisfare, gli appelli agli aiuti che vengono da Kiev – ci hanno comunque pensato gli Stati Uniti d’America, sabato 20 aprile, a colmare i vuoti negli arsenali ucraini –; e lancia ad Israele appelli alla moderazione che resteranno inascoltati.
Sarà del resto così fin quando l’Unione non sarà anche politica e della difesa. La prossima legislatura sarà quella buona? a cinquanta giorni dalle elezioni europee, Sperarlo si può, crederlo è difficile.
- Scritto per Toscana Oggi uscita il 25 aprile 2024. Cf https://www.giampierogramaglia.eu/2024/04/25/elezioni-europee-bullets-bees/ ↩︎
- Si veda nella prima parte del fascicolo il mio pezzo “Università statunitensi in fermento, negoziati a punto morto” ↩︎
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