Il Corriere della Sera guida la Batracomiomachia nel dare addosso a Guido Salvini
Tredici/A Hermes Storie di geopolitica – Italia
Salvatore Sechi
Docente universitario di storia contemporanea
Salvatore Sechi in un pezzo per Democrazia futura prende le difese di quello che considera “Un giudice poco compiacente con poteri (e magistrati) forti”, prendendo spunto da un articolo del Corriere della Sera di Luigi Ferrarella uscito il 19 marzo u.s. nelle pagine dell’edizione locale di Milano: “Il Corriere della Sera guida la Batracomiomachia nel dare addosso a Guido Salvini” riassume l’autore nell’occhiello. “Guido Salvini è un magistrato alieno. Ha concepito il suo lavoro come una missione etica, cioè una vocazione per amministrare la giustizia senza guardare in faccia a nessuno. Soprattutto – osserva Sechi – se si trattava di poteri (e Dio non avesse voluto) magistrati forti. La casta giudiziaria anche quando trasuda aromi di sinistra non di rado è un epifenomeno di chi guida il vapore. Non ha potuto sopportare un simile affronto. Pertanto ha considerato Guido Salvini come un intruso poco compiacente, addirittura scorbutico, se non proprio un corpo estraneo all’esuberante corporazione. Ma come portare avanti un disegno dal respiro punitivo e sanzionatorio nei confronti dell’audace magistrato? […] con l’andata in pensione di Guido Salvini, scatta l’ultima rabbiosa vendetta. Un linciaggio vero e proprio. Forse prosegue lo storico sardo – è il caso di richiamare l’attenzione del Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura e capo dello Stato, Sergio Mattarella. Può un giudice imperterrito, che ha onorato l’indipendenza e la professionalità del ceto giudiziario, essere sottoposto ad una violenza diffamatoria come quella scatenata dal Corriere della Sera? Può l’Ordine dei Giornalisti della Lombardia non aprire un’indagine sul fondamento delle accuse mosse a Guido Salvini da un suo iscritto? Possono ex direttori e collaboratori del quotidiano milanese come Ernesto Galli della Loggia, Paolo Mieli, Ferruccio de Bortoli, Antonio Polito, Aldo Cazzullo e Giovanni Bianconi tacere, cioè non chiedere spiegazioni motivate a Luciano Fontana, su quella che, dopo tre mesi dal pensionamento, appare non una notizia di cronaca, ma come una sorta di aggressione contro uno dei migliori e più coraggiosi magistrati italiani?” – conclude Sechi.
Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo breve contributo del professor Sechi lasciando naturalmente la possibilità di replicare al cronista giudiziario del Corriere della Sera.
26 marzo 2024
Guido Salvini è un magistrato alieno. Ha concepito il suo lavoro come una missione etica, cioè una vocazione per amministrare la giustizia senza guardare in faccia a nessuno. Soprattutto se si trattava di poteri (e Dio non avesse voluto) magistrati forti.
La casta giudiziaria anche quando trasuda aromi di sinistra non di rado è un epifenomeno di chi guida il vapore. Non ha potuto sopportare un simile affronto. Pertanto ha considerato Guido Salvini come un intruso poco compiacente, addirittura scorbutico, se non proprio un corpo estraneo all’esuberante corporazione. Ma come portare avanti un disegno dal respiro punitivo e sanzionatorio nei confronti dell’audace magistrato?
Riconosciamolo, non era facile. Salvini non ha mai sgomitato per accreditarsi in qualcuna delle correnti fibrillanti e fameliche del mondo dei giudici descritte da Luca Palamara. Per di più si è sempre distinto per essere stato sempre ligio al dovere. Quasi da workaholic, negli ultimi anni era possibile trovarselo tra i piedi in ufficio tutti i sabati e tutte le domeniche. E spacciava virtù insopportabili come quella di non aver mai chiesto di fare il capo-ufficio né perorato un trasferimento in un ufficio di prima linea.
A dicembre 2023 ha lasciato l’incarico di Gip. Se n’è andato in pensione fino a prova contraria senza misure cautelari pendenti, nessuna intercettazione, archiviazione e sentenza fuori termine. E con tutti i processi di rilievo per la collettività o conclusi o fissati. Per tacere sulla mancanza di lamentele o solleciti da parte di pubblici ministeri, avvocati difensori o imputati.
Al Corriere della Sera (e a chi ne ispira il patetico e melenso soliloquio) questi meriti non vanno giù1. Qualche cronista di giudiziaria non ci dorme proprio sopra. Non ha torto dal momento che Salvini ha chiuso la porta del Tribunale di Milano con ottanta giorni di ferie arretrate, mentre l’amministrazione faceva il braccio corto lesinando sui compensi di chi è alla sbarra dal 2017.
Tutto ciò poteva essere rubricato come un tran tran reciprocamente accettato tra il vertice e la base della cupola milanese della giustizia. A mettersi di mezzo è stato il fatto che sul tavolo di Guido Salvini sono stati fatti rotolare affaires importanti.
Dalla strage milanese di Piazza Fontana al caso Moro, dal tentacolare processo sul Monte dei Paschi, da ingorghi di mafia della cosca Aquilano fino alla loggia Ungheria, per non parlare dei trapper e delle violenze degli ultrà interisti. E invece di cucinarli come un brodino romagnolo per fare anche una micro-carriera, ha voluto rompersi la testa allargando area e contesto di corruzioni, aggressioni, occulte satrapie, fino a scervellarsi cercando esecutori e mandanti. Né si è fatto scrupolo di prendere cappello contro inchieste e cruciverba di altri suoi colleghi, per di più enfiati come rane dai mass media cartacei e dalla televisione.
Effettivamente il troppo stroppia. Tutto l’establishment milanese, veneziano e romano nel 2019 ha fatto scorrere fiumi di champagne all’annuncio che Guido Salvini avesse affidato le sue memorie di anni tenaci di lavoro a un volume, La maledizione di Piazza Fontana, edito da A chiare lettere. Appena qualche esemplare arrivò sui banconi delle librerie gli eccellentissimi giudici biascicarono in una smorfia ridente un funereo “Parce sepulto”, ovvero “abbi rispetto per il sepolto”.
A sera Telecom dovette registrare esondazioni e effluvi di telefonate. Inorriditi e tremuli lamentavano che in quelle 600 pagine circa in cui Salvini documentava di non aver trovato nei suoi colleghi milanesi un seguito alle sue indicazioni su delitti di Stato, misteri di mafia, terrorismo, colpi di mano, eccetera, c’era poco da eccepire. Erano capitoli feroci, ma ahinoi impeccabili.
Nessuna denuncia e neanche contestazione fu distillata dalle fortezze giudiziarie, imperscrutabili fonti di verità, sparse tra Lombardia, Piemonte, Veneto e Lazio.
Ora, con l’andata in pensione di Guido Salvini, scatta l’ultima rabbiosa vendetta. Un linciaggio vero e proprio.
Forse è il caso di richiamare l’attenzione del Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura e capo dello Stato, Sergio Mattarella.
Può un giudice imperterrito, che ha onorato l’indipendenza e la professionalità del ceto giudiziario, essere sottoposto ad una violenza diffamatoria come quella scatenata dal Corriere della Sera?
Può l’Ordine dei Giornalisti della Lombardia non aprire un’indagine sul fondamento delle accuse mosse a Guido Salvini da un suo iscritto?
Possono ex direttori e collaboratori del quotidiano milanese come Ernesto Galli della Loggia, Paolo Mieli, Ferruccio de Bortoli, Antonio Polito, Aldo Cazzullo e Giovanni Bianconi tacere, cioè non chiedere spiegazioni motivate a Luciano Fontana, su quella che, dopo tre mesi dal pensionamento, appare non una notizia di cronaca, ma come una sorta di aggressione contro uno dei migliori e più coraggiosi magistrati italiani?
- Luigi Ferrarella, “Il giudice Guido Salvini va in pensione, nel suo armadio in tribunale a Milano la sorpresa: “Lascia 300 processi mai fissati”, Corriere della Sera. Edizione di Milano, 19 marzo 2024. Cf.
https://milano.corriere.it/notizie/cronaca/24_marzo_19/il-giudice-guido-salvini-va-in-pensione-nel-suo-armadio-in-tribunale-a-milano-la-sorpresa-lascia-300-processi-mai-fissati-5cadef34-4189-40dd-80cf-53fda023fxlk.shtml ↩︎
Luigi Ferrarella
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