Una possibile crisi si aggiunge alle complesse procedure per la formazione della Commissione
Sedici/A Hermes Storie di geopolitica – Europa
Pier Virgilio Dastoli
Presidente Movimento Europeo Italia
Anche dopo il voto del Parlamento europeo a favore della seconda Commissione von der Leyen del 27 novembre, rimane quella che Pier Virgilio Dastoli aveva definito una settimana prima come “Nebbia fitta a Bruxelles” lasciando intravedere “Una possibile crisi [che] si aggiunge alle complesse procedure per la formazione della Commissione”. Dopo aver ripercorso il complesso iter verso l’insediamento del nuovo esecutivo per il quale manca solo l’adozione finale da parte del Consiglio Europeo, Pier Virgilio Dastoli così conclude il suo Post-Scriptum: “La Commissione ma anche l’Unione europea e in essa il Parlamento europeo escono da questa vicenda grottesca vicenda indeboliti in un momento in cui serve un’Europa più forte”.
28 novembre 2024
Mentre scriviamo da Bruxelles non sappiamo ancora come si concluderà nel quartiere europeo di Bruxelles la saga della formazione e dell’entrata in funzione della Commissione europea che non è “il Governo” dell’Unione europea ma non è più da tempo un organo solo tecnico come qualcuno lo qualifica ignorandone le crescenti funzioni politiche. Se la nuova Commissione entrerà in funzione il 1° dicembre 2024 saranno trascorsi sei mesi dalle elezioni europee che si sono svolte agli inizi di giugno con un tempo di formazione che non differisce molto dai tempi lunghi dei negoziati che caratterizzano la formazione dei Governi in alcuni Paesi con sistemi multipartitici come il Belgio, i Paesi Bassi ma anche la Germania Federale.
Per chi non conosce bene le complesse procedure europee vale la pena di ricordare che la formazione della Commissione avviene attraverso ben nove tappe che coinvolgono i Partiti europei (1), gli elettori e le elettrici (2), il Consiglio europeo (3), il Parlamento europeo (4), i Governi nazionali (5), il Consiglio (6), le commissioni parlamentari (7), di nuovo il Parlamento europeo (8) e infine di nuovo il Consiglio europeo (9) con un mosaico di maggioranze che va da quella semplice dei votanti nel Parlamento europeo a quella qualificata nel Consiglio europeo prevedendo anche una maggioranza di 2/3 per approvare o respingere un candidato-commissario in una commissione parlamentare.
La nomina degli Spitzenkandidaten
La saga inizia con la nomina dei “candidati di punta” e cioè gli Spitzenkandidaten secondo la formula inventata nel 2013 dal socialdemocratico tedesco Martin Schulz nella non tanto segreta speranza di poter conquistare la poltrona di Presidente della Commissione europea sottraendola ai Popolari europei con un metodo non previsto dai trattati, non integrato nelle procedure elettorali europee esclusivamente nazionali e non condiviso dal Consiglio europeo.
La proposta del Consiglio europeo i casi diversi di Juncker nel 2014 e Ursula von der Leyen nel 2019
Dopo le elezioni europee del 2014 il Consiglio europeo, che agiva per la prima volta sulla base del Trattato di Lisbona entrato in vigore nel dicembre 2009, nominò il lussemburghese Jean-Claude Juncker indicato come Spitzenkandidat dal PPE che fu eletto con una larga maggioranza europeista dal Parlamento europeo e che assunse l’incarico con la propria Commissione il 1° novembre 2014.
Nel 2019 il Consiglio europeo non ha accolto la scelta degli Spitzenkandidaten fatta dai Partiti europei e ha proposto al Parlamento europeo – su suggerimento di Emmanuel Macron e Angela Merkel – la popolare tedesca Ursula von der Leyen la cui Commissione è entrata in funzione il 1° dicembre 2019 con una maggioranza chiamata “Ursula” che comprendeva non solo i Popolari, i Socialisti ed i Liberali ma anche i conservatori polacchi del PiS e non i parlamentari di Fratelli d’Italia con un voto che spaccò il gruppo ECR.
La scelta del Consiglio europeo nel 2024 per un secondo mandato di Ursula von der Leyen
Nel 2024 quattro Partiti europei (PPE, S&D, Verdi e Sinistre) hanno eletto i loro Spitzenkandidaten e la scelta del Consiglio europeo è caduta a maggioranza qualificata su Ursula von der Leyen, candidata del PPE sulla base di un negoziato condotto dai primi ministri popolari (Tusk e Mitzotakis), socialisti (Scholz e Sanchez) e liberali (Macron e Rutte) non a nome dei loro Governi ma delle loro famiglie politiche avendo annunciato preliminarmente Giorgia Meloni che ella avrebbe agito nel Consiglio europeo non a nome del suo Governo ma del Partito europeo ECR da lei attualmente presieduto con l’obiettivo di rovesciare la tradizionale grande coalizione fra Popolari e Socialisti.
L’elezione il 18 luglio 2024 di Ursula von der Leyen da parte del Parlamento europeo
La maggioranza “Ursula”, con l’esclusione del PiS polacco ma con il sostegno dei Verdi, si è consolidata nell’elezione di Ursula von der Leyen davanti al Parlamento europeo il 18 luglio 2024 a maggioranza assoluta con una coalizione occasionale pro-europea da cui si sono auto-esclusi i tre gruppi euro-ostili di destra (Patrioti, Conservatori e Sovranisti) ma anche le sinistre (Left e non iscritti).
I suggerimenti dei governi nazionali e l’adozione da parte del Consiglio europeo a maggioranza qualificata della lista delle 26 personalità proposte al Parlamento per formare la Commissione
Sulla base dei suggerimenti fatti dagli Stati membri e d’accordo con Ursula von der Leyen il Consiglio ha adottato a maggioranza qualificata (ma di fatto senza opposizioni) la lista delle ventisei “personalità” che ha proposto al Parlamento europeo di approvare nella nuova Commissione.
Le audizioni dei candidati-commissari fra il 4 e il 12 novembre nelle commissioni del Parlamento europeo. Chi ha superato l’esame e le sette personalità rimaste in sospeso
Come sappiamo, i candidati-commissari sono stati auditi dalle commissioni parlamentari fra il 4 e il 12 novembre sulla base delle competenze (“portafogli”) loro assegnate da Ursula von der Leyen in una ripartizione – che qualcuno ha definito “caotica” – negoziata in molti casi con i Governi nazionali.
Con il sostegno di una maggioranza parlamentare di 2/3 nelle audizioni in commissione diciannove candidati hanno… superato l’esame ma resta in sospeso l’accordo sul candidato ungherese Olivér Varhelyi – che dovrebbe avere il portafoglio della salute e del benessere degli animali – per le sue posizioni contestate sui diritti riproduttivi e sessuali delle donne ma soprattutto sui sei candidati vicepresidenti cosiddetti esecutivi fra i quali la spagnola Teresa Ribera la cui nomina e il cui portafoglio sulla transizione ambientale sono contestati dal PPE che vuole scaricare su di lei in quanto vicepresidente del Governo spagnolo le gravi responsabilità del Governatore della Comunità valenciana Carlos Mazon sui gravi danni fisici e umani della recente alluvione.
In subordine rispetto alla nomina di Teresa Ribera – che Socialisti, Verdi e Liberali considerano dirimente per confermare la fiducia all’intera Commissione – il conflitto parlamentare riguarda anche la vicepresidenza esecutiva a Raffaele Fitto, di cui non è tuttavia in discussione il portafoglio della politica di coesione e delle riforme regionali attualmente nella competenza della socialista portoghese Ferreira, con il conseguente allargamento della “maggioranza Ursula” pro-europea al gruppo ECR e ai parlamentari europei di Fratelli d’Italia che il 18 luglio hanno respinto la fiducia a Ursula von der Leyen.
Le grandi manovre di Manfred Weber per costruire una maggioranza non occasionale di destra
Di fronte a questa conflittualità insieme nazionale (spagnola ma condivisa dal PPE e in particolare dal suo capo gruppo Manfred Weber che ha bisogno del sostegno del Partido Popular per essere rieletto alla testa del PPE, che lavora da tempo dentro e fuori del Parlamento Europeo per costruire una coalizione europea non occasionale di destra e che guarda a questa vicenda europea anche in una logica tedesca in vista delle elezioni federali del 23 febbraio 2025) ed europea legata alla conferma della “maggioranza Ursula”, tutti gli scenari sono possibili ed è impossibile fare previsioni oggi su quello che avverrà a Strasburgo dal 25 novembre.
La nostra proposta a prescindere dagli scenari possibili nel voto del Parlamento europeo e della successiva adozione finale da parte del Consiglio europeo.
Prescindendo dagli scenari possibili, è invece importante che le forze europeiste nel Parlamento europeo diano avvio all’elaborazione di una risoluzione programmatica per la legislatura che accompagni e condizioni il voto di fiducia alla prossima Commissione sui temi della riforma dell’Unione Europea, della democrazia e del rispetto dello stato di diritto, della conversione ecologica e della transizione digitale, del welfare europeo, della autonomia strategica e del contributo alla pace, di una politica migratoria di inclusione e di accoglienza e di un bilancio pluriennale finanziato da risorse proprie e da debito pubblico che garantisca beni pubblici europei.
Post-Scriptum via libera del Parlamento il 27 novembre alla Commissione Ursula von der Leyen: 370 sì, lontano da “quota 401”.
Poiché anche i numeri contano in politica ma anche i gesti, vale la pena di precisare che Ursula von der Leyen ha avuto 93 voti in meno del novembre 2019, 130 voti contrari in più e 31 voti in meno della fiducia ottenuta il 18 luglio 2024.
Il caos istituzionale, le sue ambiguità e il metodo del gattopardo non hanno giovato alla sua immagine e alla sua autorevolezza. Il 18 luglio la fiducia fu accolta da fiori e da applausi e oggi l’emiciclo era attonito e silenzioso.
La Commissione ma anche l’Unione europea e in essa il Parlamento europeo escono da questa vicenda grottesca vicenda indeboliti in un momento in cui serve un’Europa più forte.
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