Per chi non si droga Fentanyl è un oppioide sintetico sconosciuto, ma per chi è ammalato è un analgesico narcotico di grande effetto (100 volte più forte della morfina), che negli USA nel 2021 si stima sia stato coinvolto nel 67% dei 107.375 decessi avvenuti per overdose o avvelenamento da farmaci.
In assoluto 645.000 morti tra il ‘99 e il 2021 in America.
Un confronto impietoso di numeri sottolinea che nella guerra in Vietnam le vittime sono state 58.000, mentre nella seconda guerra mondiale quelle americane 290.000.
Nel mercato delle droghe, il Fentanyl può essere utilizzato come agente di taglio dell’eroina o anche al posto dell’eroina stessa.
E Trump ha annunciato su Truth l’entrata in vigore di dazi commerciali al 25% per le importazioni dal Messico e dal Canada e di un ulteriore 10% per la Cina. “Questo è stato fatto attraverso l’International Emergency Economic Powers Act (IEEPA) a causa della grave minaccia degli stranieri illegali (definiti ormai abitualmente illegal aliens, ndr) e delle droghe mortali che uccidono i nostri cittadini, tra cui il Fentanyl”, ha scritto.
Specificatamente proprio sulla questione Fentanyl Trump ha detto che “Canada e Messico devono fare di più, devono fermare il traffico di Fentanyl e clandestini”.
Dazio sugli uomini (sic!) e dazio sulle sostanze chimiche precursori (sostanze che, nello specifico, si trasformano in Fentanyl).
Se il Canada ha da sempre una limitata responsabilità nell’arrivo del Fentanyl, Stati Uniti, Cina e Messico erano già stati individuati come i principali responsabili dall’amministrazione Biden.
Infatti, la filiera ha origine in Cina, la quale esporta i precursori chimici che i cartelli messicani trasformano in questo potente oppiaceo che da anni crea devastanti dipendenze, la cui diffusione si lega anche ad un abuso iniziale nelle prescrizioni.
Il tema “abuso iniziale prescrizioni mediche” è ancora vivo, controverso e oggetto di grandi movimenti legali per una delle più grandi e famose società di consulenza internazionali: McKinsey & Company.
La crisi degli oppioidi, che è un’epidemia da mattanza, ha anche un’origine commerciale degna di un caso da “business school”.
Infatti qui entra prepotentemente in gioco il ruolo di McKinsey & Company che ha svolto consulenza principalmente a 3 aziende farmaceutiche (Purdue, Endo International e Mallinckrodt), ad oggi tutte e tre fallite in seguito allo scandalo esploso attorno ai farmaci contenenti oppiacei. Lo scopo delle consulenze era quello di allargare il mercato degli oppioidi aumentando le prescrizioni di farmaci cioè “abuso iniziale prescrizioni mediche” contenenti questi ultimi. Tuttavia, questo non veniva fatto solamente per una necessità medica particolare, bensì a fini di massimizzazione del profitto e per distribuire dividendi agli azionisti. Insomma, il classico “pecunia non olet”.
Questo opportunismo delittuoso si è costruito attorno ad Opana prodotto da Endo, un farmaco il doppio più potente di OxyContin, della farmaceutica Perdue della famiglia Sackler. Questo farmaco fu l’incipit della incentivata vendita e del consumo delittuoso degli oppioidi.
Mckinsey, infatti, non solo ha proposto dei piani per targettizzare con pubblicità mirate ai medici più portati a prescrivere questo farmaco al fine di condizionarli ad aumentare le ricette contenenti oppioidi in modo da aumentare le vendite, ma ha anche suggerito alla compagnia di dedicare più risorse al marketing degli oppiacei come scelta competitiva. Cioè incentivare le prescrizioni. La consulenza per Mckinsey valeva 83 milioni di dollari.
E Mckinsey ha “messo le mani nella marmellata”.
La compagnia è coinvolta in una serie di indagini del dipartimento di giustizia per il suo ruolo nell’epidemia di oppioidi. Come se non bastasse, si sta anche cercando di determinare se gli impiegati, o i vertici dell’azienda, hanno tentato di ostruire le indagini. In ogni caso, dal 2019 McKinsey ha smesso di fornire consulenza alle compagnie produttrici di oppiacei, dopo che la sua relazione più che decennale con Purdue è diventata di dominio pubblico.
Oltre queste indagini, nel 2021 McKinsey ha raggiunto un accordo con tutti i 50 stati, cinque territori degli Stati Uniti e Washington, D.C., accettando di pagare 642 milioni di dollari per risolvere le cause civili relative agli oppioidi, senza però ammettere alcuna colpa, mentre nel 2023 ha raggiunto accordi per altri 347 milioni di dollari ad altri enti.
Mckinsey dichiara che il suo lavoro mirava a supportare l’uso legale degli oppioidi e i pazienti con necessità mediche legittime, quello che manca, fino ad ora, è una condanna o un’ammissione di consapevolezza, cosa strana se si pensano alle cifre pagate per risolvere cause riguardanti problemi da cui la compagnia si deresponsabilizza.
Facciamo l’esempio di Purdue Pharma. Della famiglia Sackler che ha offerto 7,4 miliardi di dollari per il suo ruolo determinante nella crisi degli oppioidi scatenata dalla produzione e immissione nel mercato Usa di OxyContin, un antidolorifico potentissimo a base di oppio. In cambio la famiglia proprietaria ha ricevuto l’immunità da future cause legali, condizione su cui insisteva da tempo ma che il massimo tribunale aveva ritenuto inammissibile. Finora il patteggiamento è stato annunciato dalla procuratrice generale di New York, Letitia James. «La famiglia Sackler ha perseguito senza sosta il profitto a spese dei pazienti vulnerabili», ha sottolineato la procuratrice che ha aggiunto: «Una volta finalizzato l’accordo i Sackler non avranno più il controllo della Purdue e non sarà loro più consentito vendere oppioidi negli Stati Uniti». OxyContin era stato presentato nell’aggressiva campagna pubblicitaria come «il killer della sofferenza». Da qui il titolo “Pain Killer” per la serie di Netflix che ha ricostruito la vicenda. Purtroppo, però, il farmaco aveva un devastante effetto collaterale: la dipendenza indotta nei consumatori per cui è diventato, spesso, l’anticamera del Fentanyl ed è diventata una “mattanza”.