LUIGI GRAVAGNUOLO
Avvertiamo forte l’inadeguatezza delle categorie analitiche proprie dell’età contemporanea. Ciò a prescindere dalla vittoria di Trump nella corsa per la Casa Bianca. Sarebbe stato eguale se avesse vinto Kamala Harris. L’unica certezza che abbiamo è che siamo già con un piede e mezzo fuori dalla fase storica che va dalla Rivoluzione francese al Novecento.
Le transizioni da un’età storica ad un’altra sono lunghe. E costellate di stop and go. Quella dall’età classica al Medio Evo durò quattro secoli e più. E quella dal Medio Evo all’Età moderna oltre due secoli. Oggi – è sotto gli occhi di tutti – siamo nel pieno della transizione dall’Età contemporanea a quella che qui definiremo Età post-contemporanea. O se volete Età dello spazio.
Questa nuova era, non ancora arrivata a maturità e dai contorni non ben delineati, è iniziata cento anni fa. Non siamo però troppo lontani dalla sua maturità. Per lo meno questa è la sensazione.
Nelle ovvie diversità storiche, le transizioni da un’età ad un’altra presentano delle costanti che si reiterano. Quella dal Medio Evo all’Età Moderna fu determinata dalla concorrenza di evenienze comuni a molte transizioni di altre fasi storiche. E non solo dell’Europa Occidentale.
Nel XIV secolo, quando già da tempo la formazione socio-economica medievale accusava segnali di inadeguatezza a fronte della ripresa dei commerci e della nascita delle banche, con corrispondenti crisi degli assetti politico-istituzionali – crisi dell’Impero e della Chiesa, nascita dei Comuni e primi embrioni degli Stati nazionali – fu una pandemia devastante a mettere fine al vecchio mondo.
La peste del 1348, preceduta e accompagnata da cambiamenti climatici, siccità e carestie, nonché da spostamenti di popoli dal Mediterraneo verso l’Europa, dimezzò la popolazione del vecchio continente. Il costo della manodopera si alzò, molte terre tornarono ad essere incolte, la società cercò nuove strade. Fu dato impulso alla ricerca scientifica e a nuove tecnologie. E poi, poco alla volta, l’Occidente cominciò a risalire la china.
La seconda svolta lungo quella transizione si ebbe nella seconda metà del XV secolo. Pressoché simultaneamente irruppero nella storia europea la polvere da sparo, pare importata dalla Cina, Gutenberg con la stampa a caratteri mobili, e la scoperta del Nuovo Mondo per opera di Cristoforo Colombo.
Il Medio Evo cercò di resistere all’Età moderna. La Chiesa si affrettò a mettere all’indice i libri stampati. Stampa meretrix, vergognatissima femmina che, suscitando lussuria, indebolisce i giovani, fu l’anatema. La verità della Bibbia venne messa in discussione e la Chiesa mise in guardia la società: con la stampa si sarebbe persa la capacità di discernimento tra la verità e le bugie messe in giro dal demonio. Oggi le chiameremmo fake news. E furono i roghi pubblici dei libri, degli eretici e delle streghe. Le torture e le persecuzioni dei liberi ricercatori.
Ma la storia procedette inesorabile. L’Età moderna avanzò, fu la Chiesa ad andare in crisi.
E siamo al XVI secolo, mentre nel Sud Europa cattolico-romano si apriva la cupa stagione dell’oscurantismo, nel Centro e Nord Europa fu il tempo delle Riforme, di Lutero e di Calvino, di Zwingli e di Melantone. Delle atroci guerre di religione. Gli Stati-nazione, pur restando cristiani, si diedero ciascuno una propria confessione e non riconobbero più l’autorità teologale del Papa. Si dotarono di un’autonoma burocrazia laica per la gestione degli affari dello Stato. Avviarono la conquista del mondo fondando gli imperi coloniali. Fu allora che furono anche piantati i semi della democrazia contemporanea. La quale dovette però aspettare il XIX secolo per affermarsi.
Veniamo ai nostri giorni, intendendo con essi i decenni dalla conclusione della Seconda Guerra Mondiale ad oggi.
Cambiamenti climatici e pandemie; carestie nel sud del mondo; migrazioni incontenibili; una nuova terribile arma, l’atomica; la conquista dello spazio. Internet e la rivoluzione digitale. La carta stampata sopraffatta dai nuovi linguaggi. Morte delle ideologie. La Chiesa ormai marginale nel ‘secolo’, ridotta a custode di valori e verità disconosciuti dalla maggioranza delle persone. La globalizzazione e la crisi degli Stati nazionali. La crisi della democrazia rappresentativa. Guerre e tensioni cagionate dagli equilibri geopolitici planetari che stanno saltando.
Come si fa a non accorgersi che siamo nel pieno della transizione? E come si fa ad analizzare gli esiti elettorali, anche quest’ultimo negli USA, come determinati preminentemente dalle virtù dei candidati, o dagli errori di questo o di quest’altro? A non vedere che il padrone dello spazio oggi non è uno Stato, foss’anche il più potente del mondo, ma un privato di nome Elon Musk?
Con i suoi 1.650 satelliti già in orbita, e col progetto di arrivare a ventimila satelliti entro la fine degli anni Venti, è lui che controlla il pianeta centimetro per centimetro. Che determina gli esiti dei conflitti rendendo o non rendendo accessibili i dati ai contendenti.
Come si fa a chiudere gli occhi sul carattere ormai burlesco delle competizioni elettorali? Già da prima dello spoglio delle schede negli USA i detentori degli algoritmi, i vari Bezos, Zuckerberg e Musk, sapevano come avrebbe votato ciascun elettore. Erano tutti profilati. Di loro sapevano tutto. Come sapranno del mio voto prima ancora che io lo esprima alla nostra prossima tornata elettorale.
Non gli Stati – che già sarebbe inquietante – ma i detentori degli algoritmi, non solo conoscono gli orientamenti elettorali di ciascuno di noi, ma sono anche in grado di determinarli. Specie gli orientamenti dei ‘tossico-social-dipendenti’, cioè della stragrande maggioranza degli esseri umani che abitano il pianeta.
La democrazia del popolo sovrano, la democrazia decidente è ormai un orpello, una finzione per auto-consolarci e dirci che ‘dai, siamo ancora liberi’. Ma di fatto pensiamo come avessimo dei microchip nei nostri cervelli. Lo stesso Trump, sembra una marionetta da cabaret nelle mani di Musk, piuttosto che uno statista.
Ma la transizione non si è conclusa. Resistono le istituzioni dell’età contemporanea, gli Stati con le loro costituzioni più o meno democratiche. E alcuni di loro, la Cina su tutti, si stanno già attrezzando per contendere lo spazio a Musk. Quanto manca per le guerre stellari? Chissà, forse Frank Herbert, col suo Dune, aveva capito già tutto nel ‘65.
E, come sempre, la storia non si ferma. Tra stop and go la nuova Età della storia dell’umanità sta per completare la sua gestazione. Non sappiamo se per i nostri nipoti e pronipoti sia una fortuna o una sciagura. Però, sotto sotto, ci consola sapere che noi non ci saremo.
ndt: l’immagine in evidenza è della corrente SLEEPCORE che invitiamo ad esplorare sul canale Youtube del movimento culturale
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