Buon compleanno a Paperino che compie novant’anni, avendo fatto la sua prima comparsa all’inizio dell’estate del 1934. L’anatra di Disney si porta addosso una perenne condanna a desideri irrealizzati. Le solenni arrabbiature di Paperino, le sue delusioni, le sue mancate vincite sono il retaggio quotidiano dell’uomo comune. Da cui però quest’ultimo trae la forza di tirare avanti. Insomma, Paperino finisce comunque per accorpare le due facce del sogno americano e, in termini più allargati, occidentale, o forse universale.
Donald Duck, debutta nell’universo disneyano come “guest star”, coprotagonista, di una delle celeberrime “Silly Simphonies”, cortometraggi animati settimanali realizzati per le “matinées” cinematografiche del sabato. La storica pellicola si intitola “The Wise Little Hen” (la gallinella saggia) ed è basata su un soggetto conteso da uno studio rivale della Disney, per il quale è andato a lavorare l’ex collaboratore e geniale disegnatore Ub Iwerks. Era stato lui che fin dal 1931 aveva realizzato un papero di nome Donald Duck per un libro illustrato, “The Adventures of Mickey Mouse”.
Ma in quella prima versione, Paperino non era antropomorfo, né possedeva alcuno dei tratti caratteriali che in seguito costruiranno il suo mito. Neanche nella pellicola del ‘34 c’era stata una grossa performance del papero. Tuttavia «aveva starnazzato e si era pavoneggiato per tutto il film, fino a diventarne la star», come Disney dichiarò nel 1948 sul “Sunday Times”di Manila. Merito anche dell’uomo che per cinquant’anni sarebbe stato la voce di Donald, Clarence Nash, detto “Ducky”(appunto, paperino), scomparso nel 1985. L’aveva scelto Walt Disney, impressionato dalle imitazioni di uccelli nel programma radiofonico “The Merrymakers”, in onda sulla stazione KHJ di Los Angeles. Oltre agli starnazzi di Nash, in quel cartone del giugno 1934 Paperino aveva il suo immutabile look: la tenuta da marinaretto. Nel successivo cortometraggio, “Orphan’s Benefit”, Paperino ormai era alla pari con Topolino.
Il 16 settembre dello stesso anno, Donald passa ai fumetti veri e propri, per mano di Al Taliaferro. È la versione comics del cortometraggio “La gallinella saggia”, su sceneggiatura di Ted Osborne. Sotto la penna di Taliaferro, Paperino diventa quello attuale. Gli viene accorciato e allargato il becco, la sua snella silhouette iniziale sfocia in un corpo a forma di uovo, gli occhi subiscono l’arcuatura. Soprattutto, Al Taliaferro crea la famiglia dei paperi, senza la quale le stesse caratteristiche di Paperino risulterebbero sbiadite. Innanzi tutto, l’eterna fidanzata, compagna di ogni eroe che si rispetti. Il modello di Paperina (Daisy Duck) è Donna Duck, una cantante messicana piuttosto seducente che appare nel cortometraggio “Don Donald”, del 1937. La paradossale condizione di adulto educato dai bambini traspare dal rapporto di Paperino con i tre nipotini Qui, Quo, Qua (Huey, Dewey e Luie), che fanno il loro ingresso con la pellicola “Donald’s Nephews”, distribuita il 15 aprile del 1938. In seguito compaiono in ventisei cortometraggi, tre mediometraggi, un lungometraggio e vari film e speciali televisivi, A idearli sono il già citato Al Taliaferro e Ted Osborne. In realtà erano comparsi fin dal 17 ottobre 1937 sulle tavole domenicali.
Alla metà degli anni ’90, con l’irruzione del politicamente corretto nel costume di fine millennio, si tenta di aggiornare ai tempi i tre nipotini, creandone una versione grunge, come si diceva allora, cioè hippie attualizzati e problematizzati, omologhi agli adolescenti della generazione X o subito dopo dei millennial. Fu un rinnovamento che non attecchì fra i lettori.
Più recenti le preoccupazioni di chi si è posto il problema della paternità di Qui, Quo, Qua. Di chi sono figli? Un quesito che s’innesta sui timori per la crisi del modello tradizionale di famiglia.
E finalmente, largo alla più titanica personalità di quest’umanità pennuta: Zio Paperone, in originale “Uncle Scrooge”, come il famoso avaro del “Canto di Natale” di Dickens. Il papero più ricco del mondo nasce nel 1947, quando le storie di Donald Duck sono passate al disegnatore che gli avrebbe dato l’impronta definitiva, il grande Carl Barks. Fu lui ad allargare la carrellata di personaggi con Gastone, Gladstone, che ha una fortuna sfacciata a far da contraltare alle magre sorti di Paperino, Archimede Pitagorico, ecc. Una schiera che avrebbe acquisito la definitiva identità in Italia, dove il canone Disney fu riprodotto con una suggestone di gran lunga superiore all’originale. Tanto che da decenni negli Stati Uniti si pubblicano storie create a Milano dagli sceneggiatori e dai disegnatori delle testate Disney.
Paperino ha conquistato anche un periodico tutto suo. Ha un alter ego dalle parvenze di super eroe tecnologico, anche lui con una propria testata, Paperinik, la rivalsa dello sfortunato pennuto sottoposto alle angherie della sorte avversa e dello zio miliardario e spilorcio.
Nel restyling della galassia cartacea, Paperino trionfa in parodie indimenticabili che ripropongono i classici della letteratura e del cinema. Negli anni scorsi lo si è visto in una saga fumettistica a episodi chiaramente ispirata a “Downton Abbey”e in una vera e propria riscrittura di “Orgoglio e pregiudizio”.
Certo è che le sue penne, già candide, non potranno mai incanutirsi.
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