Raffaele Aragona
Napoli, città della musica; va pure bene così, a patto di evitare eccessi, a patto di non dimenticare come la città abbia brillato nel passato per le sue melodie celebri in tutto il mondo, opere di compositori eccellenti e di cantanti di vaglia. A patto di non eccedere in una esaltazione di personaggi contemporanei diventati quasi dei miti; a patto di non lasciarsi andare a manifestazioni frutto di spinte emotive, che non è detto che reggano nel tempo.
Pur nella convinzione di toccare un tasto difficile che rischia di suscitare reazioni non gradite, lo spunto per queste righe nasce dalla richiesta trasmessa di recente all’assessore Laura Lieto «di dedicare a Pino Daniele una targa commemorativa da apporre sul lungomare di via Partenope, nel punto esatto in cui il cantautore iniziò a scrivere Napule è». Altro intento è quello di intitolare allo stesso Daniele il costruendo “Palaeventi” del Centro Direzionale, senza contare ulteriori iniziative che stanno spuntando per ricordare ancora il cantautore partenopeo e le sue canzoni «che sono diventate la colonna sonora della nostra generazione e di quelle successiverappresentando la storia della musica italiana e internazionale» (i virgolettati fanno parte del testo trasmesso al vicesindaco con delega alla toponomastica).
C’è da augurarsi che, almeno per quanto riguarda la targa sul lungomare non venga in mente di accedere alla richiesta, evitando di inserire ulteriori orpelli in questo scorcio tanto decantato (a Daniele, per altro, è stata già dedicata una strada nel Centro storico, pure in violazione della norma dei dieci anni previsti); senza aggiungere un’ulteriore targa oltre a quella, bruttissima e non molto giustificata, dedicata al bolognese Lucio Dalla per le Scale che conducono alla Banchina Santa Lucia e inaugurata con orgoglio dal Sindaco di Nola.

Senza aggiungere altro al di fuori delle invasioni già esistenti a ridosso degli esercizi commerciali che ormai caratterizzano infelicemente il lungomare di via Partenope insieme con le numerose bancarelle di venditori ambulanti.
Fortunatamente è svanita nel nulla l’idea balzana di dedicare a Daniele l’Aeroporto di Capodichino (per altro già intitolato a Ugo Niutta). E così pure è stato dimenticato il progetto di “rovinare” la facciata cieca del bel palazzo di Pierluigi Nervi in piazza Garibaldi con un murale a tutta altezza, che avrebbe dovuto accogliere una grande immagine del cantautore; una facciata cieca, ma aperta a una sua ben precisa lettura presentando una sorta di “nido dʼape”, che a detta, ad esempio, di Antonio Martiniello, il fondatore dello Studio Keller, «richiama il concetto alla base della grande cascata vanvitelliana della Reggia di Caserta, dove lʼacqua veniva interrotta da scaglie di terracotta colorata atte a creare effetti iridescenti. Fortunatamente, forse, chissà, anche per un dovuto intervento della Soprintendenza, non se ne fece più nulla.

Una presenza davvero “messa al muro” è invece quella del trittico verticale di «Maradona, Daniele e Troisi» al Centro Direzionale, un’opera che parrebbe quasi rappresentare una porta alla Città del Servizi del Centro Direzionale di Kenzo Tange e che qualcuno vorrebbe quasi che stia a denunciare le potenzialità inespresse del grattacielo progettato da Giulio de Luca, Massimo Pica Ciamarra e Renato Avolio de Martino; una presenza che modifica ingiustificatamente (e, vorrei dire, in maniera illegittima) un’opera architettonica di pregio. I normali e bene o male accettati murali trovano giusta collocazione su un fondale anonimo e privo di qualsiasi caratterizzazione architettonica; la “decorazione” realizzata nella Torre ex Enel rappresenta invece una consistente modificazione della facciata.

È un altro tassello, quest’ultimo, che si aggiunge a una raffigurazione di Napoli con “pizza e mandolino” o con “San Gennaro e Pulcinella”; i vólti del calciatore, del cantautore e dell’attore, per quanto rappresentativi e amati da gran parte della città, realizzano un ulteriore stereotipo. Tutto ciò senza nulla togliere a quest’arte di strada, cui va riconosciuto un valore di impegno sociale e che andrebbe destinata, primieramente, a riqualificare zone degradate di periferia, e agli artisti dei quali, naturalmente, non si discute affatto il talento, anzi se ne apprezzano comunque moltissimo le qualità pittoriche.
Sarebbe in ogni caso augurabile che non ci si soffermi tanto su ulteriori idee del genere che poco offrono di positivo alla immagine della città, rischiando addirittura di conferirle un sapore a dir poco provinciale. D’altra parte anche il nuovo “Brand Napoli”, l’installazione collocata mesi addietro in piazza Municipio, comprende dodici pannelli raffiguranti, tra gli altri, San Gennaro, la pizza, il babà, Pulcinella e Maradona, orgogliosamente indicati dall’assessore comunale al commercio e al turismo…

Si attende un murale dedicato a Geolier. E tant’è!
Commenti
2 risposte a “NAPOLI, CITTÀ DELLA MUSICA E DI MURALI”
Possibile che in questa Città non si riesca più a concepire qualcosa di veramente artistico che parli in modo elegante della sua Storia?!
Da sindaci cafoni non possiamo aspettarci nulla di meglio, ma almeno un sovrintendente che si rispetti e rispetti Napoli vorremmo averlo!
Concordo pienamente. Da più parti si cerca disperatamente di arginare gli stereotipi di una Napoli che ha molti altri e più lodevoli meriti ma poi per pigrizia, acquiescenza e superficialità si ricade nel più vieto conformismo.