MATTARELLA, TIMONIERE IN UN’ITALIA IN TEMPESTA

Nei 21 mesi della seconda presidenza di Napolitano si era formato il governo Letta. Un esecutivo di larghe intese che durò in carica 300 giorni con una navigazione tormentata, sia per le differenze tra i partiti della coalizione, che per le fibrillazioni nei partiti. Il Popolo delle libertà si scisse nella ricostituita Forza Italia e nel Nuovo centrodestra guidato da Angiolino Alfano. Il PD, dopo le dimissioni di Bersani, fu conquistato da Renzi. A complicare ulteriormente la situazione ci fu la decadenza di Berlusconi da parlamentare a seguito della legge Severino.

Il governo Letta fu costretto alle dimissioni dal suo partito, il PD. Renzi fece votare alla direzione dei Democratici un documento in cui si rivelava “la necessità e l’urgenza di aprire una fase nuova, con un nuovo esecutivo”. A sostituirlo arrivò lo stesso Renzi, favorito da un accordo con Silvio Berlusconi, chiamato “Patto del Nazareno”, sulla riforma della Costituzione e per una nuova legge elettorale. Un accordo che comprendeva anche l’elezione del nuovo presidente della Repubblica concordando che il candidato più adatto poteva essere Giuliano Amato.

Nelle settimane che precedettero il voto, fissato per il 29 gennaio, la partita del Quirinale si fuse e confuse con il rapporto tra le coalizioni e nelle dinamiche interne al PD.

Alla vigilia del voto una delegazione di Forza Italia andò da Renzi a pranzo a Palazzo Chigi. Erano convinti che la scelta su Amato fosse confermata. Renzi affermò che il suo candidato era il giudice costituzionale Sergio Mattarella. Una scelta inattesa che ricompattava il PD attorno a una personalità autorevole che politicamente significava la rottura del Patto del Nazareno.

Berlusconi chiese il rispetto degli accordi, ma il presidente del Consiglio fu irremovibile.

Fortemente sostenuto da Ciriaco De Mita che in quegli anni guidava la DC, si candidò alle politiche del 1983. Centoventimila preferenze lo portarono a Montecitorio. Quindi fu nominato commissario del partito in Sicilia. Con determinazione azzerò i vertici legati a Lima e Ciancimino e favorì un profondo rinnovamento.

Il governo D’Alema fu per Mattarella un ulteriore salto di qualità.

Nominato vicepresidente del consiglio ebbe la delega sui Servizi di sicurezza. In quell’incarico elaborò una proposta di riforma che puntava a rafforzare il controllo politico e, in questo ambito, una preminenza del presidente del Consiglio rispetto ai responsabili di Difesa e Interni. Il modello proposto da Mattarella divenne la base della riforma del 2007.

Nei successivi governi D’Alema II e Amato II (dicembre 1999 – giugno 2001) Mattarella ebbe la responsabilità della Difesa. Un ruolo importante che gli consentì di tessere una rete di rapporti internazionali e di realizzare alcune importanti riforme. La prima fu quella delle Forze armate che, di fatto, aboliva il servizio militare obbligatorio.

Anni difficili, confusi, in cui è esplosa la sbornia populista ed è divenuta palese la disgregazione dell’ordine mondiale. Tuttavia, è evidente che Mattarella abbia tenuto fede agli impegni presi nel discorso d’insediamento dimostrandosi un arbitro affidabile che ha dato un volto credibile alla Presidenza della Repubblica e garantito il regolare funzionamento della nostra Costituzione.

Mattarella ha conquistato la stima degli italiani, la fiducia delle istituzioni europee e delle cancellerie internazionali. Consolidando, in una stagione complicata, la credibilità del nostro Paese. Lo ha fatto con uno stile misurato e un tratto antico in un tempo in cui l’ostentazione e la sciatteria sembravano aver preso il sopravvento. La sua azione lo ha reso uno dei migliori presidenti della Repubblica.