LUIGI BOCCHERINI 1743 – 1805

Nel 1997, a Lucca, durante un esame paleopatologico su un corpo riesumato si scopre un delitto perfetto avvenuto due secoli prima.

La vittima è il musicista Luigi Boccherini, l’epoca del crimine si colloca intorno al 1805, l’arma (impropria): il violoncello,

Si evidenziano:

Grave rizoartrosi del pollice destro causata dall’impugnatura dell’archetto.

Accentuata epicondilite del gomito sinistro dovuta alla costante flessione del braccio.

Perdita della lordosi fisiologica della colonna vertebrale attribuibile alla posizione rigida del corpo rispetto allo strumento.

Scoliosi sinistro-convessa imputabile alla inclinazione sul fianco destro a cui forza l’uso dello strumento.

Tibie valghe: anomalia provocata dalla necessità di tenere fermo con le ginocchia il violoncello barocco, privo di puntale.

Naturalmente il nostro povero Boccherini non soffre solo di questo; ha anche gli altri normali acciacchi del tempo: una grave aterosclerosi aortica e iliaco-femorale, nonché corpose calcificazioni pleuriche, segnale di tubercolosi polmonare in atto o pregressa. Riesce lo stesso a campare fino alla bella età (per il tempo) di 62 anni.

Luigi nasce a Lucca in una famiglia di artisti: il padre contrabbassista, un fratello e due sorelle ballerini (delle inclinazioni della madre le biografie non parlano).

Virtuoso di violoncello, istruito alla perfezione dal padre che rimarrà per tutta la vita suo compagno di scorribande musicali e non. La prima notizia del trasferimento in massa della famiglia, raccomandata a Corte dall’ambasciatore di Lucca, l’abbiamo nel 1757, quando tutti, padre contrabbassista, figlio violoncellista e i tre fratelli ballerini invadono Vienna, si impiegano al Teatro Imperiale e qui rimangono parecchi anni, ognuno con il meritato successo nella propria specialità.

Dalla base di Vienna Boccherini ogni tanto torna a Lucca dove, nel 1765, ha occasione di collaborare con Giacomo Puccini (non il Giacomo che conosciamo noi, ma un suo bis o trisnonno – la famiglia Puccini è da tempo attiva nella musica). Intanto si è legato di un’amicizia fortissima con il violinista Filippo Manfredi, con il quale fonda il primo quartetto d’archi stabile della storia e sul quale riverserà quell’affetto e quella complicità che lo legavano al padre, morto nel ’66.

Con Manfredi capitano a Parigi, dove hanno successo e dove l’ambasciatore spagnolo in Francia invita i due ad andare a Madrid garantendo una buona accoglienza da parte di Don Carlo, Principe delle Asturie. Partono ma vanno a sbattere il naso contro le trame di un temibile avversario, il musicista pisano Brunetti (fra Lucca e Pisa già allora non c’era un gran feeling), sovrintendente alla musica di Don Carlo.

Manfredi viene assunto nell’orchestra del principe; Boccherini rimane a spasso senza una peseta in tasca.

Finalmente trova un servizio come violoncellista di camera presso l’Infante Don Luis con l’impegno di comporre soltanto per lui, esclusiva che Boccherini, felice di questa protezione, rispetterà per quindici anni, anni pieni di una frenetica attività di composizione: concerti, quartetti, quintetti, fra cui il numero 5 Op. 11 che contiene il famosissimo Minuetto, che poi è il suo unico titolo che tutti ricordano in mezzo al mare delle altre opere (anche il nostro Boccherini, come molti altri, è un Compositore monotitolare).

Non è che in questo periodo manchino i dispiaceri: l’amico Manfredi lascia la Spagna e se ne torna a Lucca. Subito dopo, per un contrasto musicale con il Principe delle Asturie, Luigi perde la sua protezione e il permesso di frequentare il palazzo reale (si era appesi a un filo in quel tempo!).

Non gli rimane che seguire il suo secondo padrone, don Luis nel palazzo di Las Arenas dove sta tranquillo per un po’ con la moglie, i figli e un fratello, venuto ad abitare con lui. Ma anche questa serenità non dura: nel 1785 muore la moglie e poco dopo anche Don Luis.

Si trova da solo, senza protezione, senza soldi e con cinque figli da mantenere. Disperato, riesce ad ottenere una misera pensione dal re con il quale aveva litigato. Poi strappa un altro esiguo vitalizio a Federico Guglielmo II di Prussia.

Finalmente, in questo così poco dignitoso accattonaggio a cui sono costretti gli artisti dell’epoca, trova, come direttore dell’orchestra di casa, un rifugio nei saloni del palazzo di Puerta de la Vega, in cui Maria Josefa Alonso Pimentel, Contessa-Duchessa di Benavente-Osuna (!), tiene serate musicali per la migliore nobiltà di Madrid in concorrenza con la Duchessa d’Alba, Maria del Pilar Teresa Gayetana da Silva y Alvarez de Toledo (!!), la quale come favorito ha invece il suo arcinemico, il pisano Brunetti.

Nel 1787 perde (non sappiamo perché) questa comoda posizione e da questo momento in poi è tutto un rotolare verso il baratro. Ha un editore che tenta in ogni modo di truffarlo; muore il suo protettore prussiano, re Federico Guglielmo II e il successore gli revoca la pensione; un attacco di tubercolosi non gli permette nemmeno di suonare il violoncello. È la miseria (con l’aggravante dei cinque figli affamati).

Poi, nel 1800, ecco un piccolo intervallo di fortuna: Luciano Bonaparte, ambasciatore della Repubblica Francese in Spagna, appassionato di musica gli affida alcune ben pagate commissioni. Può rifiatare, ma dura solo due anni. Bonaparte torna in Francia e una violenta epidemia gli porta via tre dei suoi cinque figli.

Disperato, povero e malato l’infelice Boccherini si ritira presso i due figli ancora vivi, Luigi Marco, sacerdote e Giuseppe Mariano, archivista e alla fine se ne va anche lui il 28 maggio 1805.

Nel 1927 il suo corpo viene riesumato e finalmente riportato a Lucca, dove riposa tranquillo (fino al 1997, quando avrà luogo l’esame paleopatologico da cui inizia la nostra storia).

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