(un nuovo linguaggio per un teatro nuovo)
Leonardo Manzan, Leonardo Manzan, Leonardo Manzan ……. potrei continuare all’infinito perché il Manzan ha tanta stima di sé che non riesce a frenarsi quando si tratta di menzionarsi per auto glorificarsi.
A parte questa mia ironia assolutamente bonaria considero questo personaggio davvero speciale quale innovatore del teatro contemporaneo e di tutti gli eventi culturali.
Nella sua ultima performance, al teatro India di Roma, l’artista si è presentato ad un vasto pubblico, peraltro assetato di scoprire qualcosa di nuovo e di valido nel teatro, come una statua (oserei dire greca) su di un piedistallo così come mamma l’ha fatto.
Del resto qualcuno prima di Lui aveva dichiarato che qualsiasi cosa messa su di un piedistallo diventava automaticamente “un’opera d’arte”, la citazione, come di sicuro avrete capito, si riferisce all’artista degli anni ‘60 Piero Manzoni che elesse ad opera d’arte la sua merda che una volta racchiusa e selezionata in scatoletta e posizionata su di un piedistallo lo diventò.
Devo dire che qualche anno fa, trovandomi a Milano in concomitanza di una mostra dedicata proprio a Piero Manzoni a Palazzo Reale, potei constatare di persona quella verità. Infatti, entrando in una sala detta delle “Cariatidi”, mi imbattei in un cilindro di plexiglass alto circa due metri, illuminato solo da un led, alla cui metà scorsi la fatidica scatoletta che da sola primeggiava nella sala più importante del museo. La profezia si era avverata!
Il malcapitato pagò di persona il suo oltraggio in quanto tale fu considerata questa sua bizzarria tanto che fu condannato per vilipendio ma poi assolto.
Tornando al nostro Leonardo, io ho assistito con piacere alla suddetta performance. Finalmente dopo tante delusioni teatrali – ero reduce dalla rappresentazione di “Ciarlatani” al Teatro di Roma – ecco un teatro attivo in fieri lì davanti ai miei occhi insieme a tanti che come me hanno apprezzato non solo il coraggio dell’attore di mostrarsi letteralmente nudo e crudo in pubblico, ma anche la sua verve ironica e satirica. Ciò ci ha permesso di entrare nella sua intimità non soltanto spirituale ma anche fisica, un grande atto di umiltà e di condivisione che ci ha trasformato da pubblico a corpo allertando tutti i nostri sensi. L’inizio è stato divertente, a tutti sono state consegnate delle cuffie che, una volta indossate, hanno trasmesso la sua voce pacata e suadente che ci ha accompagnato per tutta la durata della performance rendendoci così partecipi, uno per uno, delle sue considerazioni sui nostri atteggiamenti quotidiani.
Egli si è posto tante domande: la prima è stata “che cos’è un’opera d’arte?” Una domanda questa che si presta a tante risposte ma la sua (domanda) non esigeva una risposta bensì, a sua volta, ne poneva un’altra. Prendendo in esame, ad esempio, la banana (Comedian) di Cattelan considerato oggi il rampollo della famiglia degli artisti italiani il Manzan si è posto il dilemma “cosa volesse rappresentare con quell’opera” e se, lui Cattelan, “era un’artista perché esisteva la banana oppure era la banana, da lui immortalata con lo scotch alla parete, che esisteva grazie a Cattelan”.
Questo enigma si avvicina all’altro che spesso ci poniamo “è esistito prima l’uovo o la gallina o viceversa”. Lascio a voi eventuali considerazioni sul caso, io non so rispondere! Andando avanti nella narrazione, il bravo Leonardo ha toccato sempre, con leggerezza e savoir faire, tutti i punti più importanti della nostra società attivando con la sua sagacia e intelligenza le nostre sinapsi cerebrali che, subito, hanno risposto all’invito con gran fervore.
Egli era accompagnato in questa performance da una dolce fanciulla che sottolineava, a tempo dovuto, teatralmente parlando, ogni sua considerazione con esternazioni quale ad esempio mangiare la banana con la buccia assumendo volutamente atteggiamenti facciali che facevano apprezzare il suo sforzo orale provocando così ilarità. Ma il punto più eclatante è stato quando la bella ancella (riferimento greco) è salita su di uno sgabello per essere all’altezza della pseudo statua e ha incominciato a frizionare la folta chioma del Manzan con un cotton fioc imbevuto di una soluzione magica il tutto scandito dal trillo di un orologio che segnava inevitabilmente l’orario fissato per la cura dell’alopecia.
Credetemi la cosa è stata esilarante, ancora una volta, l’intelligenza aveva colto nel segno, la ripetitività e la compunzione che caratterizza i nostri gesti quotidiani era stata messa a nudo; infatti, in alcuni momenti io mi sono sentita più nuda della statua in quanto, colta in flagrante, mi sono riconosciuta come colei che viene soggiogata dalle innumerevoli vessazioni pubblicitarie.
Il finale è assolutamente travolgente. Come nella leggenda, raccontata all’inizio dallo stesso Manzan, dello scultore che voleva diventare il più bravo e, per questo, come gli era stato consigliato dagli dèi, era salito su di un piedistallo, così l’ancella ha ballato intorno alla statua con un ritmo quasi liberatorio per Lui e per un pubblico ormai in delirio.
Potrei parlare ancora tanto ma il mio dire per quanto dettagliato non potrebbe renderebbe appieno le emozioni che in me si sono alternate.
Pertanto vi consiglio di correre a teatro ogni volta che il Manzan propone un suo spettacolo!
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