LA POLITICA MUORE, IL POLITICANTE VIVE

di Beppe Attene

Si tratta, senza dubbio, di un’affascinante contraddizione che ci chiede, per essere esaminata, un ritorno alle originarie e tradizionali definizioni.

Da Giorgio Guglielmo Federico Hegel (1770 – 1831) il confine teorico delle società occidentali è segnato dalla distinzione tra la sfera detta della “società civile” e quella “politico – istituzionale”.

Purtroppo, nella crescente incuria delle narrazioni televisive l’aggettivo “civile” è stato usato nel suo significato di contrapposizione a incivile.

La nostra società sarebbe dunque civile in quanto moderna e non arretrata.

            Ma, naturalmente, non di questo si parla.

La distinzione nasce dal superamento del feudalesimo che considerava potere economico e potere politico – istituzionale inseriti e coabitanti nella stessa fascia.

Posto, si riteneva, che la Terra appartenesse al Creatore e che egli, per il tramite della sua Chiesa, la concedesse in uso agli esseri umani il mondo era un susseguirsi di sub – concessioni a partire dall’Imperatore via via sino ai Servi della Gleba.

Essi erano legati strettamente alla Terra, con cui potevano essere venduti o affittati da chi ne aveva in quel momento e luogo la concessione.

Inevitabilmente la struttura istituzionale era disegnata su questo dato apparentemente oggettivo: dall’Imperatore attraverso il sistema dei feudatari di vario livello ognuno comandava in base a quel che possedeva (se pur, teoricamente, solo in concessione).

Il sistema venne corroso internamente dal comparire di figure sociali non iscritte nella scala gerarchica come i mercanti e gli artigiani.

Società e Stato non coincidevano più, iniziava ad esistere quella che avremmo chiamato società civile.

            Per “società civile” si intende, insomma, tutto l’insieme (confuso e contraddittorio) dei rapporti di ogni genere non inscrivibili direttamente nella sfera istituzionale.

Di conseguenza, anche tutte le organizzazioni e le appartenenze di qualunque genere che si creano nella dinamica della società civile per esprimerne e rappresentarne i vari aspetti e punti di vista.

Alla sfera politico – istituzionale spetta il rappresentare il meglio possibile ogni forma di interesse generale (dal proclamare una guerra alla organizzazione del sistema sanitario.

Alla “società civile” esprimere correttamente i bisogni e le richieste che maturano nel corpo della società, se possibile evitando che degenerino in attività illecite o criminose contro cui dovrebbe contrapporsi con decisione la sfera politico istituzionale.

            Non si può pretendere che questa dimensione di base assuma opzioni generaliste. 

Se domani si intasano le fogne sotto casa mia allagando gli ingressi, il condominio chiederà con forza al Sindaco di provvedere immediatamente.

Non si porrà il problema generale del sistema dei rifiuti a Roma. Quello spetta all’altra dimensione della vita collettiva.

Poiché su ogni decisione è possibile (anzi, assai facile) avere opinioni divergenti è normale che interessi contrapposti nella società civile li esprimano vigorosamente trasferendoli su un altro livello.

Una lunga battaglia degli ecologisti ha portato infine all’abbattimento delle centinaia di casotti che caratterizzavano la spiaggia del Poetto a Cagliari.

            Entrambe le posizioni erano legittime e corrette.

Da una parte la convinta difesa di un bene comune, dall’altra (i casottisti) il ricordo del fatto che la conquista di quel legittimo diritto popolare si era fondata, per merito del PCI, sullo scambio con il permesso alla Rumianca di costruire la propria azienda petrolchimica sull’altro lato del mare di Cagliari.

Non vi era né torto né ragione da nessuna parte.

Oggi certo scopriamo che. abbattendo i casotti e restituendo tutto l’arenile a tutti, il mare si sta mangiando tutta la finissima sabbia del Poetto.

E forse oggi non accetteremmo di innalzare un’altra petrolchimica in cambio di alcune centinaia di posti di lavoro, rivelatisi assai meno sicuri di quel che si pensava e sperava.

Ah, saperlo, saperlo…

            Ma la questione generale si è risolta brutalmente.

La società civile ha continuato ad esprimere opzioni e bisogni peculiari di ogni momento e di ogni luogo mentre la sfera politica ha smesso completamente di coltivare opzioni generali da offrire al voto dei cittadini.

Da qui, in maniera quasi parossistica, l’inseguimento di qualunque opzione parziale che però appaia in grado di attirare consensi.

Nessuna forza politica ci dice che Nazione sogna, che Italia cerca di costruire, che progetto dovremmo infine approvare.

            Il politico di una volta aveva la propria identità e la propria immagine.

Pensava, o si illudeva, di essere sotto l’occhio attento della Storia. Di conseguenza badava bene a spiegare con attenzione ogni eventuale modifica della sua posizione personale.

Berlinguer ci metteva quattro settimane a argomentare e spiegare il compromesso storico. Cossiga si è fatto venire la vitiligine in seguito al dolore e alla responsabilità per non essere riuscito a salvare Aldo Moro.

Ognuno era quel che cercava di essere e non quello che volevano gli altri.

            L’identità politica (con la responsabilità che la accompagna) non può essere ridotta alla richiesta puramente retorica di uno stipendio orario minimo per tutti.

Non può nutrirsi (e cercare consensi) sulla base del colore della pelle di chi compie un reato o, dall’altra parte, conquista una medaglia sportiva per l’Italia.

Non può, e non deve, arraffare un pezzetto di società civile e brandirlo per aria contro altri che, a loro volta, fanno altrettanto.

            Di tutta evidenza siamo di fronte alla crisi del modello di dinamica sociale e politica in cui avevamo riposto tante speranze e che alimentava la nostra democrazia.

La politica muore e i politicanti sopravvivono.

Sappiano, però essi, quanto breve e complicata sarà la loro sussistenza in vita.

La società civile continuerà comunque ad essere vigorosa nelle sue contraddizioni e nei bisogni che le spingono.

Non sarà né il finto populismo né il richiamo a una ormai inesistente contrapposizione fra destra e sinistra a restituire alla dimensione politica il ruolo che le spetta e di cui vi è un oggettivo bisogno.

Oggi noi non sappiamo da quale percorso scaturirà una nuova classe dirigente di cui l’Italia ha un urgentissimo bisogno ed è anche purtroppo vero che il bisogno non è sempre un buon consigliere.

Ma la Storia ci ha più volte insegnato che è proprio quando nulla si vede che qualcosa sta avvenendo.


Commenti

3 risposte a “LA POLITICA MUORE, IL POLITICANTE VIVE”

  1. Avatar Aulo Chiesa
    Aulo Chiesa

    Caro Beppe, condivido le riflessioni che fai, ma credo ancora in una contrapposizione tra destra e sinistra. Dove per sinistra intendo un socialismo, ovviamente democratico, in grado di realizzare riforme e soddisfare i bisogni di una buona parte della società civile. Se non si supera questo scollamento tra politica e società civile, è la democrazia che scompare.
    Con simpatia, Aulo Chiesa

  2. Avatar Giuliana Gamba
    Giuliana Gamba

    Vorrei inserire la categoria di società incivile.La manifestazione a Milano ha fatto emergere con definita prepotenza, una violenza giovanile politicamente immotivata . Ho paura che il nuovo arrivi da lì. Diritti e democrazia sono fragili come foglie al vento.

  3. Avatar Luigi Martini
    Luigi Martini

    Buono! Spero che quel “qualcosa che sta avvenendo” non sia peggiore. Ciao Beppe