LA NUOVA GLACIAZIONE GEOPOLITICA DEI DUE OCCIDENTI

Tra un “fine guerra” a Est e una “pace sospesa” a Ovest che non sorge

Di Luciano Pilotti

Situazione paradossale di “fine della guerra dei 12 giorni” (quella dei 6 giorni fu del mitico Generale Moshe Dayan del 1967 con scenari radicalmente mutati e una “speranza frantumata”) tra Israele e Iran a est (come dice con un vergognoso “trionfalismo teatrale” Trump) ma senza alcuna pace a ovest del Giordano da 22 mesi e dopo che gli USA hanno attaccato le basi nucleari iraniane con effetti ancora dubbi visto il lavorio che vi è intorno ai “grandi buchi”. Non avendo notizie certe sugli effetti del bombardamento americano delle tre centrali nucleari iraniane e che la CNN – sulla base di informazioni del Pentagono – segnala come “non significativamente profonde” se non di innesco di un “rallentamento” di mesi (forse un anno o due?) del programma nucleare militare iraniano. Azione “segnaletica e spettacolare” dunque, verrebbe da dire con le stesse parole del tycoon? Ma con effetti imprevisti vista l’uscita dell’Iran dagli Accordi di non proliferazione nucleare. Dimostrazione che il loro programma nucleare può e vuole ancora avanzare o comunque non implodere?

Il nodo rimane Gaza, dove si continua a morire non solo di bombe ma di fame, di sete, di malattie e usandole come armi di guerra e contro cui si scaglia con forza Leone XIV, mentre in Cisgiordania ci si avvicina ad una “annessione di fatto” nella totale inerzia dei Due Occidenti (USA ed Europa).

Ma finché non si interromperà la “pulizia etnica” forzata a Gaza quella “fine della guerra” rimarrà fragile e in bilico, quasi sospesa nonostante le pressioni su Netanyahu di Trump che ora impone imperativamente la tregua di 60gg. e accettata da Hamas con restituzione degli ostaggi (vivi o morti), seppure con un perimetro di garanzie flebili e incerte. Intanto, una “ribalta spettacolare” – come dice lo stesso Trump – per aver dimostrato la potenza di fuoco USA, ossia segnalando con “fatti” una “minaccia a venire” se verranno oltrepassate le “prossime linee rosse” e cioè se l’Iran continuerà la corsa al nucleare militare contro tutti gli accordi di non proliferazione, ma anche minacce verso Netanyahu sulle forniture di armi.

Ma il “grumo geopolitico” è li aggrovigliato a ridosso di un Diritto Internazionale che viaggia a fari spenti nella notte globale dell’oggi, dove “ognuno è legittimato a fare da sè e in modo unilaterale, come dice un ex generale del Pentagono. Ben chiaro con il Putin del Cremlino che si sente di declamare che “ove ci siano scarponi russi e lingua russa quella è Terra Russa e che lui non si ritira“, declinando in modo risibile poi l’attacco americano e israeliano all’Iran come “violazioni dei confini di un paese sovrano”. Un Putin che non può fermarsi non avendo prodotto quasi nulla dopo tre anni e oltre il milione di morti solo dalla sua parte e pretendendo la resa pur senza riuscire ad imporla. Di fatto, la maionese globale del Diritto Internazionale si fa rancida e verdognola tendente al violaceo di sangue diffuso dopo ogni “rimescolata in libertà”, ovviamente “auto interessata” da parte di ognuno dei partecipanti pro domo sua, ricorrendo a Cicerone. Che autorizzerà anche Xi Jinping a “entrare a Taiwan senza permesso” entro 18-24 mesi?

Le interdipendenze globali alla prova dei paradossi della “rete di oligarchie (finto) isolazioniste”

Insomma, molta confusione e poca certezza con bassissima trasparenza sugli eventi in totale assenza di arbitri credibili e affidabili e in assenza di legittimità di un Diritto Internazionale abilitante e delle sue istituzioni globali derubricate ad intralci dagli occupanti dello Studio Ovale e dai suoi sodali planetari da Mosca a Pechino passando per Budapest ed Istanbul. Intanto a Gaza si continua a morire, perchè diventata ormai un enorme campo profughi con 1,5 milioni di persone intrappolate a sud verso l’Egitto e con un nord “controllato” da Israele trasformando La Striscia di 356 kmq in un Santuario di Martiri viventi ma anche in un “enorme pentolone” in ebollizione di terrorismo diffuso per i prossimi anni e decenni.

Tutto questo a prescindere dalla fine di Hamas che prova ad accettare una tregua (l’ennesima) con consegna degli ostaggi ma continuando ad auto-corrodere “dall’interno” la sicurezza di Israele facendo dei palestinesi scudi umani anche sugli aiuti. Servirebbe allora che in questa tragica situazione distruttiva l’Europa facesse sentire la sua voce con forza premendo per quanto possibile su Benjamin Netanyahu perché accetti un cessate il fuoco e l’arrivo degli aiuti e dell’acqua e di medicinali e sull’Iran per negoziati sensati che “salvino” un nucleare civile per provare a spegnere quello militare o a disinnescarlo, ma che l’uscita dagli Accordi di non proliferazione sembrerebbe annullare.

Riaffermando l’unica strada percorribile per la sicurezza di entrambi i popoli, ossia l’ipotesi di Due Popoli per due Stati, riavviando l’orologio della storia per vie diplomatiche e con una ricostruzione condivisa e  con garanti europei e medio-orientali. Perché a Gaza ciò che non fanno le bombe lo stanno facendo carestia, fame, sete e malattie pandemiche che stanno decimando bambini a migliaia come esito catastrofico con vittime inermi. E tutto questo non è più sopportabile né accettabile… perché incompatibile con il Diritto Umano della pietas e della saggezzaprima che del Diritto Divino se ne fosse rimasto qualche brandello con effetti di decomposizione del Diritto Internazionale.

Prendendo consapevolezza ormai dei due Occidenti emergenti: un Occidente illiberale o post Occidentale (USA e qualche paese europeo come l’Ungheria di Orban) e un Occidente Liberal-Democratico (Europa, Canada, Giappone, Australia e Nuova Zelanda), e sapendo che l’uscita di Trump dalle logiche delle Alleanze post II World War avvierà una “saldatura” con e/o delle autocrazie già consolidate e su quali basi lo vedremo presto per capire le direttrici della emergente nuova glaciazione geopolitica in assenza di modelli sostitutivi “superiori” e frammentate tutte le staccionate multilaterali costruite alla fine della II Guerra Mondiale  e dopo Bretton Woods (ONU, World Bank, IMF, ecc.).

Peraltro, evidente nel (finto) ”isolazionismo asimmetrico” di Trump come one man show nella conduzione della gestione dell’affaire medio-orientale che ha totalmente escluso l’Europa così come dalla questione Ucraina abbandonandola ad un tragico destino facendole mancare i propri supporti (materiali e immateriali) e che l’Europa non potrà permettere a nessun costo perché rappresenterebbe un “via libera” a Putin, ma presentandosi tuttavia impotente a questo tragico giro della storia con una NATO monca. Rimanendo misterioso il percorso imposto da Trump per raggiungere soluzioni stabili e solide senza un sistema di alleanze globali multilaterali rinnovate imponendo solo le leve della forza (militari e/o commerciali e geo-strategiche) mixati a ricatti commerciali che generano instabilità e sfiducia con economia, borse e dollaro calanti in attesa dei miracoli (per pochissimi) delle criptovalute.

I due Occidenti nel “Grande Scambio” tra dazi, armi e confini geo-strategici

Tutto lo scenario si configura come un Grande Scambio tra armi e dazi ridisegnando gli equilibri medio-orientali e “delegando” quello ucraino all’UE con un ruolo depotenziato di fronte ad un sempre più aggressivo Putin che usa il disimpegno USA per provare a sfondare senza riuscirci dopo tre anni. Un quadro peraltro evidente nella spinta alla rivendicazione del 5% di spese militari NATO che dovrebbe costringere l’Europa a finanziare per almeno 10 anni la produzione del complesso industriale-militare americano come leva di reindustrializzazione e rafforzamento dell’economia USA  e per ridurne l’indebitamento ormai esplosivo e con un dollaro calante alimentando quella domanda di investimenti interna richiesta dai MAGA ( che stenta ad arrivare), ma certo dividendo l’Europa.

Dunque un (finto) isolazionismo di Trump (inseguendo il nazional-populismo del movimento MAGA) che dovrebbe convincere con manovre unilaterali aggressive anche i paesi europei più scettici della necessità e urgenza di una sicurezza europea sostenuta da una difesa comune e da un esercito integrato (prima di essere “unico”) e in collaborazione con la NATO di fronte all’evidente crescente disimpegno americano, che rimarrà tuttavia il maggior fornitore di tecnologie militari per l’Europa. Ossia con una Nato europeizzata e non in contrasto con eserciti e spese militari coordinati.

Ma imponendosi in questo modo in Europa una autonoma forza di deterrenza per fronteggiare sia le incombenti minacce da Nord-est (Russia) e mantenere il sostegno dell’Ucraina e sia nel contributo alla salvaguardia degli equilibri del commercio mondiale nei passaggi a Est-sud/Est (con la Cina che cresce commercialmente nelle maggiori filiere industriali) e provando a diversificarli (accoppiando la Via della Seta con quella del Cotone rinforzata da scelte tecnologiche appropriate sia sui satelliti che sull’AI che sull’aereonautica anche con un robusto contributo italiano).

Soffiando su una forza diplomatica dell’Europa che possa crescere anche nello spegnimento dell’incendio medio-orientale lungo sentieri rinnovati di multilateralismo e di pace condivisi ancora lungo i solchi robusti delle liberal-democrazie costituzionali uscite dal secondo conflitto mondiale e del loro patrimonio di libertà, solidarietà, di diritti e welfare. Tra due Occidenti non conflittuali ma concorrenti esplorando vie di concordia e resilienza condivise.


Commenti

Una risposta a “LA NUOVA GLACIAZIONE GEOPOLITICA DEI DUE OCCIDENTI”

  1. Avatar Michele Salatini
    Michele Salatini

    CARO PROFESSORE LA PACE DA FASTIDIO AGLI OTTUSI, E LA PACE TROPPO LUNGA DA ALLA TESTA ALLE MENTI DISTURBATE.IL RIFERIMENTO A TRUMP ,PUTIN, BIBI E’ DEL TUTTO VOLUTO. L’IRAN E’ LONTANA E TAIWAN E’ ANCORA PIU’ LONTANA. MA IL MALAVITOSO EX AGENTE KGB E’ A 3 HORE DI VOLO E QUESTO PREOCCUPA. UN PIANO GENERALE DI DIFESA E’ NECESSARIO, COME UNA ALLEANZA CON UK E USA, MA TRUMP VA TENUTO AL SUO POSTO. NON DOBBIAMO CHINARE LA TESTA ALLE SUE ISTERICHE MANIFESTAZIONI.
    BUONA ESTATE