LA GEOPOLITICA E GLI ITALIANI

di Andrea Attilio Grilli

Alcuni dati, anche esaminati nel numero 4 di Mondo Nuovo sull’assenteismo elettorale, forniscono un forte segnale che piccole percentuali di elettorali possono determinare alcune direzioni politiche. Meno quelle geopolitiche che sono invece guidate da elementi molto più complessi e impersonali. Anche se spesso si confondono i desideri delle persone con quelli delle nazioni. Basti pensare al nuovo presidente degli Stati Uniti, Trump, che non determina la geopolitica americana, ma che ne è determinato. Definire chi sia il nemico numero Uno rispetto al secondo non incide in modo così rilevante. Sia i democratici, rappresentati da Biden e Harris, quanto i repubblicani con Trump, ritengono che il nemico principale degli USA sia la Cina. Quello che cambia è il come ostacolarla ed evitare un possibile conflitto. Cambia il percorso, ma non la destinazione.

Esiste però nella società americana una discreta consapevolezza che per essere leader, per essere potenti e i più potenti, bisogna sacrificare qualcosa: soldati, risorse, denaro, tecnologia.

Se riflettiamo questo discorso sugli italiani, possiamo però scoprire che non esista la stessa percezione, a fronte però di una volontà di essere o voler essere importanti, potenti, capaci di difendersi.

Quando si leggono i diari di Giulio Andreotti sull’URSS, possiamo trovare un file rouge che unisce l’Italia della cosiddetta prima repubblica con la seconda su alcuni temi, per esempio il rapporto con la Russia e l’acquisto di beni energetici.

Questo approccio si riflette nel pensiero della popolazione e soprattutto nella percezione che abbiamo sempre avuto verso l’altrui, il giardino del vicino, la fascinazione dei problemi altrui senza considerare gli interessi propri. Difficile dire se sia altruismo o insensatezza nazionale. Se la combinazione di cattolicesimo e socialismo, nel crescere generazioni, abbia intaccato la percezione identitaria, molto più forte durante il Risorgimento e poi diluitasi dopo la Prima guerra mondiale, quando la sanguinosa vittoria sugli austriaci non si tradusse in consistenti acquisizioni territoriali. Per demerito di Wilson sicuramente, ma anche di una perdita di peso per il Regno.

Su questo tema può sempre aiutarci la ricerca DEMOS che sempre nella stessa ricerca del 2021 esplorava anche l’attaccamento degli italiani alle realtà locali, così come a istituti e realtà internazionali.

I ricercatori così commentavano i dati:

Si conferma, dunque, l’immagine di un Paese dove co-abitano, non senza tensioni, diversi Paesi. Diverse Regioni e aree che seguono percorsi e orizzonti diversi. Così, non sorprende l’importanza assunta dalla prospettiva cosmopolita. Sottolineata dallo spazio crescente e cresciuto di coloro che affermano di guardare oltre i confini: locali, nazionali ed europei. Coloro che si sentono e dicono “Cittadini del mondo”. Perché il mondo non ha bandiere, regole, limiti. Ma neppure radici e contesti comuni. Condivisi. Per questo l’Italia cosmopolita rischia di delineare un Paese senza bandiere. E senza identità.”

L’ultima ricerca di ISPI/IPSOS del dicembre 2024 offre una prospettiva del 2025 che disegna un popolo che percepisce in modo incoerente e scollegato le varie dinamiche geopolitiche. Forse proprio come effetto di una mancata identità e quindi di una mancanza di definizione di obiettivi e interessi nazionali, che per loro stessa natura, possono essere percepiti solo in presenza di una identità nazionale, come altre nazioni ci insegnano.

I temi chiave della geopolitica

Nel 2024 possiamo identificare almeno tre temi chiave, anche se non bisognerebbe sottovalutare i microfenomeni geopolitici che spesso possono determinare fenomeni meno rilevanti, ma che sommandosi diventano una valanga.

Comunque, il primo dei tre eventi sono le presidenziali statunitensi. L’elezione di Donald Trump, dopo un primo mandato determinato da una forte incertezza nei processi decisionali e anche una buona dose di incompetenza, è percepito per il 38% come una cattiva notizia per l’Europa, ma un altro 38% è indeciso. Il resto è favorevole.

Altro tema chiave è costituto dai due conflitti, Ucraina e Medio Oriente. Un 22% ambisce alla pace per entrambi i fronti e lo considera un fattore positivo, insieme alla presidenza Trump con una perdita di sei punti rispetto alla positività della sua vittoria elettorale. Seguono il calo della inflazione, l’avvio della commissione europea e il ritorno della stabilità in Francia e in Germania. È interessante notare che manca una capacità di comprensione che senza una stabilità proprio delle due nazioni indicate non può, a cascata, esserci una corretta gestione di una politica economica condotta da una commissione europea.

Un’altra domanda interessante è la relazione dell’Italia con altre nazioni e la percezione della necessità di un sistema difensivo per il Paese. La NATO e la UE sono percepiti meglio rispetto ai dati del 2020, ma stranamente gli USA, leader del Patto Atlantico, perdono punti percentuale. La spiegazione potrebbe essere collegata a una carente conoscenza del funzionamento delle alleanze internazionali, ma soprattutto anche una incapacità di accettare le “regole del gioco”.

Cina e Russia sono percepite come nemici, un dato corretto, dove però manca l’Iran.

Il fatto di percepire nemici e di mappare incoerentemente gli alleati, si sposa malamente con l’esigenza delle spese militari. Dato però che dovrebbe essere valutato rispetto alla percezione negativa e maltrattata del valore delle nostre Forze Armate e della loro necessità. Anche se la domanda da parte dell’ISPI e Ipsos riguarda la spesa militare europea, il tema è convergente. Di fatto solo il 34% pensa di dover mantenere i valori odierni, un 10% di aumentarli, ma un 26% le vorrebbe ridurre. La domanda si focalizzava sugli effetti di un minor intervento USA in Europa secondo le dichiarazioni del futuro presidente Trump. Un 30% non prendeva posizione.

Una ultima puntualizzazione andrebbe fatta sulla guerra in Ucraina. Gli italiani preferiscono scaricare il popolo ucraino per garantirsi non si sa cosa. Il 42% vorrebbe una pace con cessione dei territori e un altro 14% vorrebbe che gli USA e la UE scaricassero l’Ucraina. Solo il 13% supporta ancora il popolo invaso. Un 31% non prende posizione.

Riflessioni

La ricerca non fornisce una possibilità di comparare i gruppi di risposta per capire se chi sostiene Trump ha poi appoggiato la resa incondizionata degli ucraini e una riduzione della spesa militare o un suo aumento.

In linea generale si ha il sospetto che gli italiani non hanno una percezione della complessità e soprattutto degli effetti di alcune decisioni sui generali interessi della nazione.

Una mancata presenza di deterrenza militare esporrebbe comunque l’Italia a rischi terroristici o comunque a una debolezza strutturale nel Medio Oriente e nel Mediterraneo. Un esito che possa essere percepito dai russi come vittoria rinforzerebbe l’espansionismo degli stati BRICS minacciando la nostra sicurezza, in particolare il reperimento delle risorse principali per la produzione.

Va sottolineato che comunque un 30% minimo è sempre indeciso. Un dato consistente che suggerisce o spinge a fare una ultima e ulteriore riflessione. Anzi una domanda: la politica spiega e comunica correttamente sia le esigenze nazionali sia le difficoltà che questa incontrano e quali sono anche i sacrifici necessari e inevitabili per difendere l’Italia? Che a sua volta vuol dire: difendere il lavoro, garantire la sanità, promuovere lo sviluppo.



Commenti

Una risposta a “LA GEOPOLITICA E GLI ITALIANI”

  1. Avatar Milena
    Milena

    Analisi attenta che tuttavia trascura la responsabilità educativa della scuola sulle nuove generazioni. Bravo l analista.molto buono l ‘uso della lingua italiana, a mio avviso molto trascurata da numerosi giornalisti e scrittori.