Redazione
Iniziamo dal titolo del libro presentato giovedì 15 nella sede di Roma della Banca Mediolanum, “La diplomazia dell’arroganza”. E’ diplomazia dell’arroganza definire idioti o deficienti i propri avversari o dichiarare che gli interlocutori di un capo di Stato per ottenere ascolto devono baciargli il deretano?
E veniamo al contenuto del libro.
Un volume di 1135 pagine, chiamarlo libro fa un certo effetto. In realtà abbiamo nelle mani una Bibbia sulle relazioni internazionali del nostro tempo.
Parafrasando il titolo, potremmo parlare di arroganza dello Stato. Abbiamo alle nostre spalle 50 secoli in cui la pace occupa soltanto 300 anni. Un bilancio di 3 miliardi e mezzo di uomini uccisi in 15 mila guerre. Quindi potremmo concludere che l’arroganza è connaturata allo Stato, una riflessione che ricorda gli scritti di Bakunin: quella teoria anarchica secondo cui per ottenere una vita migliore per gli uomini, lo Stato doveva essere abbattuto.
Ma l’arroganza dello Stato nel mondo di oggi non si esprime soltanto con le guerre, o meglio con le guerre fatte con le armi. Con la rivoluzione digitale abbiamo anche nuove forme di guerra: i teorici l’hanno definita la guerra ibrida.
Per la verità anche nel passato abbiamo avuto guerre ibride, penso alla guerra economica (come oggi avviene con i dazi) e addirittura le guerre fatte promuovendo le migrazioni e perfino le guerre di religione.
Il presidente della repubblica Mattarella ha recentemente affermato che viviamo una democrazia a bassa intensità.
Se nel mondo gli Stati fossero organizzati secondo le regole della democrazia i cittadini potrebbero conoscere i programmi e gli obiettivi attraverso la partecipazione al dibattito pubblico, ma per questo servono enti e organizzazioni intermedie, per esempio i partiti. Ma questo è un altro discorso.
Al contrario oggi, come nel passato, in molti Stati democratici ciò che pensa di fare il capo del governo, o i leader dei partiti, i cittadini lo ignorano. Per esempio: fino al giorno prima dell’invasione dell’Ucraina nessuno sapeva se Putin avrebbe invaso o no quel paese.
Sfogliando il libro verrebbe voglia di chiedere all’autore che rapporto ci sia tra la diplomazia dell’arroganza e l’arroganza dei detentori delle piattaforme digitali.




