E’ TEMPO DI MELANZANE

FABRIZIA CUSANI

E’ finalmente arrivata la stagione delle melanzane. Così mi posso divertire, inventare, inciafrugliare in cucina per consumare le melanzane che l’orto mi dona in abbondanza fino al punto che … non se ne può più! Le melanzane escono prima dei peperoni così non si sovrappongono (inframezzate dagli zucchini che sembra non finiscano mai e che dalla sera alla mattina se non le cogli le trovi che sembrano cetrioli). Avere l’orto è una bellissima cosa ma costringe a cucinare sempre anche se non se ne ha voglia perché dispiace da morire vedere le verdure invecchiare sulla terra.

Quindi è il momento delle melanzane. E la televisione è spenta, l’argomento è troppo importante per avere distrazioni… la melanzana è sacra!

L’etimologia di melanzana è inequivocabile:

viene dal latino mala insana, “frutto insano”, pericoloso per la salute. “Pomo sdegnoso” lo chiama Bartolomeo Scappi, il cuoco più famoso del nostro Rinascimento, mentre Antonio

Frugoli nel 1631 lo sconsiglia sostenendo che le melanzane “non

devono essere mangiate se non da gente bassa o da ebrei”. E

prima di lui un medico e botanico, Castor Durante da Gualdo,

scriveva che in Italia si usava mangiare questo ortaggio, ma

che esso era “ventoso e duro da digerire”. Un giudizio negativo

condiviso dal più famoso medico e naturalista italiano del

Cinquecento, Pier Andrea Mattioli, che riteneva la melanzana

“una pianta volgare”.

Eppure quel pregiudizio era durato due secoli, fino a quando Pellegrino Artusi, nel suo famoso ricettario di fine Ottocento, cancella tutte le stupidaggini e le cattiverie che erano state scritte dando alla melanzana il posto che le spetta nella cucina italiana: “Erano tenuti a vile come cibo di ebrei” scrive Artusi, e ciò è la conferma che “in questo, come in altre cose di maggior rilievo, [gli ebrei] hanno sempre avuto buon naso più de’ cristiani”. Ma il posto d’onore in cucina gliel’hanno dato i napoletani: fu infatti Vincenzo Corrado, fin dalla metà del Settecento, a sancire la legittimazione delle melanzane sulle tavole italiane. È a lui che dobbiamo la celebre ricetta di cui parliamo, le “Melanzane dette all’italiana” nel suo Cuoco galante (1781), che altro non è che la ricetta delle melanzane alla parmigiana o meglio, della parmigiana di melanzane. Ma è intrigante anche la tesi di Ibn Butlan, il medico arabo che nei Tacuini Sanitatis, la prima enciclopedia di scienze naturali, che scrive che la melanzana ha, tra le sue tante proprietà, quella di spingere a una sfrenata e trasgressiva lussuria. Ma per ottenere questo effetto non basta la ricetta di Corradi, ci vuole una variante che la rende unica, che la fa “divina” come dice Giampaolo, (sarà l’amore?), la sola sublime, irripetibile parmigiana di Fabrizia (esagernado…) A dire il vero, prima di Butlan l’aveva scritto Machiavelli, che annoverava le melanzane fra quegli “alimenti ventosi”, capaci cioè di provocare flatulenze, ma proprio per questo considerati ottimi corroboranti dell’attività sessuale, come le fave o le castagne.

LA PARMIGIANA

Quando sono in preda a euforie edonistiche mi dedico a piatti più complicati per gareggiare con me stessa sui tempi di preparazione. Quella rimasta memorabile la feci per l’ultimo dell’anno di molti anni fa , facevo una bella vita da single e abitavo nel centro storico di Roma in una casa-studio piccola, due stanze grandi con travi in legno, pavimenti di cotto antico e porte del ’900 in ciliegio. Il tutto faceva presagire una casa importante e grande. Invece era tutta lì. La cucina era piccolissima quando invitavo gli amici arredavo il bagno come un office. Gli amici sapevano che la mia era una casa senza… bagno! Tovaglie damascate a coprire i sanitari, piatti di portata, fruttiere, insalatiere, zuppiere, tra profumi, candele e trucchi. Sono un’appassionata di profumi, allora avevo una grande collezione di bottiglie particolari che si è persa nei molteplici traslochi. Perché amo molto cambiare casa. Anche qui in campagna sono riuscita a traslocare già tre volte. Ma questa è un’altra storia.

Quella mattina ero andata a cercare le melanzane perché al cenone a casa di amici avrei portato la parmigiana. Ora non lo farei più perché non si mangiano le melanzane d’inverno, sono diventata un po’ talebana sul cibo da quando ho l’orto. Quando arrivò Rosanna mi stavo organizzando per friggere. Rosanna è una specialista dei piatti saporiti ma veloci. Con due figli, il cane e il lavoro doveva cucinare nei ritagli di tempo ed era bravissima. È stata la prima ragazza che ho conosciuto quando sono venuta a Roma ed è diventata la mia prima amica-amica romana.

La prima volta che l’ho vista (bella come il sole un po’ Ava Gardner) era accanto al letto di Marco, tutto ingessato per un incidente. Si sarebbero sposati appena lui avrebbe ripreso a camminare. È una coppia bellissima ancora molto innamorata. Quella mattina di fine anno Rosanna era venuta per imparare a fare la parmigiana di melanzane “alla napoletana”, diceva lei, rubandomi i trucchi. Le avevo promesso che era un piatto veloce. Ma non è così. Io le melanzane non le metto sotto sale. Non mi piacciono quando diventano nere e mollicce. Il sapore amaro si toglie con qualche trucco come affettare per lungo solo quelle che entrano nella padella e friggerle a fuoco lento con olio bollente.

Dov’è l’olio? Avevo la bottiglia in mano ma Rosy cercava l’olio di semi. Noo! Io friggo solo con l’extravergine, ma viene pesante, non è vero l’hai sempre trovata squisita, ma è un peccato friggere con l’extravergine, è l’unico modo per avere una frittura che non fa male.

Il dibattito andò avanti a lungo mentre le mie melanzane si doravano. Le tirai su e le misi sulla carta del pane. Conservo sempre le buste del pane, è una vecchia abitudine. Meglio dello Scottex, carta fatta con il petrolio, qualcuno mi disse. Ci facemmo il caffè e spilluzzicammo la pizza romana che Rosy aveva sempre in borsa mentre misi a fare il sugo. Solo pomodoro pelato e schiacciato molto bene, 2 o 3 spicchi di aglio da togliere appena dorato, con un’idea di olio prima messo nella pentola e poi asciugato perché le melanzane restituiscono dopo l’olio della frittura e il sugo viene così più leggero e saporito.

Una cottura breve, 10/15 minuti. Prima di spegnere aggiungo il sale, un pizzico di origano e giro bene. Un ultimo bollo ed è pronto. Nel frattempo preparai la pirofila e feci una base di sugo con una spruzzata di parmigiano. Man mano che le melanzane fritte si asciugano le metto ben stipate poi sopra il fiordilatte a dadini (a Roma è difficile trovare il fiordilatte autentico non parliamo di quello di Agerola…), preparato la sera prima e messo in frigo dentro uno scolapasta per farlo sgocciolare e asciugare), una cucchiaiata di sugo ben spalmata, una spruzzata di parmigiano e due o tre foglie di basilico. Avevo davanti alla finestra un vasetto di basilico che di solito mi durava fino a febbraio. Senza quel profumo non potevo vivere e così lo curavo come non curavo nemmeno me stessa. Strato dopo strato la parmigiana veniva su. Arrivata all’orlo della pirofila e completato l’ultimo strato prima di mettere il sugo di copertura la pigio con le mani, la copro di sugo, la spruzzo ben bene di parmigiano, metto le foglie di basilico, e la faccio riposare.

Dopo un’oretta la copro con un foglio di alluminio e la inforno per una mezz’ora. Gli ultimi cinque minuti la faccio cuocere scoperta così rimane dorata, il sugo si asciuga e non si bruciacchiano le melanzane. Spensi e la lasciai al calduccio a riposarsi. Uscimmo di corsa, l’aria era fredda ma la giornata tersa. Quando è così Roma è bellissima. Arrivammo a piazza di Spagna dove Rosy aveva parcheggiato (bei tempi!), lei andò a preparare la casa per la festa e io andai dal parrucchiere. Erano trascorse solo due ore, ero stata veloce!

Di solito in estate accompagno la parmigiana con un tortino di riso.

È un’accoppiata che ho imparato in Brasile da zia Angela, bravissima a fare cose squisite di una semplicità imbarazzante. Il tortino di riso non è altro che riso bollito, condito con olio (anche una noce di burro non guasta) e parmigiano. Una volta cotto e condito lo metto in un ruoto con il buco e lo rovescio nel piatto di portata. Lo guarnisco con foglie di basilico e voilà.

Dosi

Per la parmigiana non ho dosi codificate. Dipende dalla lunghezza delle melanzane, di solito ne prendo una decina, ma se sono “corte, anche quindici. Devono essere lunghe con pochi semi con la pelle liscia e lucida come quella del delfino che attraversa in mare mentre si naviga.

E di conseguenza scelgo la misura della pirofila Olio extravergine di oliva quanto è necessario per friggere con una padella grande (l’olio deve coprire le melanzane!)

Pomodori 1 Kg

Basilico un rametto pieno di foglie

Sale

Parmigiano quanto ne serve

Fiordilatte, uno cicciotto

Riso, mezzo chilo di Carnaroli

Una noce di burro


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