CARA AMICA TI SCRIVO. L’ERRORE DI VOLER RISCRIVERE LA STORIA

di Aldo Di Russo

Cara Amica mia,

Se è passato un po’ di tempo dall’ultima lettera, è solo perché continuavo a chiedermi, senza poi riuscire a dare una risposta precisa, come l’uomo sia in grado di non imparare dagli errori che la storia ha esplorato e codificato. Sarà perché la storia certifica le vere cause dei fatti molti anni dopo che siano successi, ma questo è normale per ogni attività scientifica che si basi su indagini, prove e verifiche piuttosto che sulle suggestioni propagandistiche. Quando si accusa qualcuno di “voler riscrivere la storia”, secondo me si fa un errore, la storia la fanno gli storici e non chi racconta fandonie per pur fini personali o di bottega. Si può violare la verità storica, si possono nascondere le cause dei fatti o evidenziarne solo alcune per dirigere i sentimenti ad arte, ma la storia è la storia anche quando il potere lavora per cancellarne la memoria.

Ti faccio questa premessa perché vorrei parlarti di un bambino fessacchiotto, ingenuo e ignorante che vagava, felice del suo stato, in un piccolo paese del sud negli anni ’50-60. Andava a scuola come tutti, viveva in una famiglia normale, padre, madre, nonna e fratellino più piccolo, sognava treni veloci, aerei, razzi interplanetari di cui si cominciava a parlare e, come tutti i bambini, viveva il desiderio e il rammarico di non poter avere la forza di Maciste per salvare il mondo dal male. Chi fosse qui bambino lo lascio per ora alla tua immaginazione.

Che il mondo potesse essere salvato dalla bellezza non era nelle sue possibilità intellettuali, Dostoevskij non lo aveva ancora mai letto anche se “L’idiota” lo faceva spesso, pensava che solo la forza avrebbe salvato il mondo, avrebbe potuto restituire giustizia e dignità a chi subiva le ingiustizie. Maciste era un modello perfetto, ma la sua muscolatura non corrispondeva all’originale e di conseguenza il sogno diventava l’unico spazio di operazione. Oltre ai razzi e le astronavi, tra i sogni ricorrenti c’era anche una pistola a tamburo, magari due, da estrarre velocemente, più di chiunque altro, un modo per compensare la muscolatura imperfetta e tra un poco capirai perché.

Devi sapere che in quegli anni, in quel piccolo paese, non lontano da casa sua, c’era un cinema, il Miramare – ancora non ti ho detto che mio padre, ho detto mio, no, suo padre, era un grande appassionato di western. In un paese del sud negli anni ’50 non si “andava al cinema”, era il film che veniva da noi e il momento in cui veniva cambiato il cartellone era un evento. Potevi vedere un assembramento di aspiranti spettatori in grado di giudicare dalla semplice analisi delle immagini, si scambiavano pareri, il dubbio, la speranza e il desiderio si univano insieme per diffondere nell’aria una forza di attrazione oltre la réclame, come si sarebbe chiamata poco dopo o la pubblicità come la chiamiamo oggi. Pensa che l’unione di sensazioni eteree nella lingua locale si diceva s’aunìsceno, si uniscono, mail suono somiglia tanto all’italiano auliscono, arcaico e poetico sì, ma terza persona plurale del verbo latino aulere che significava emanare profumo, che rende perfettamente l’idea delle forze di attrazione di cui ti parlavo. Insomma, un film era un evento pubblico e la maggior parte dei film proponeva racconti fondati sul Far West.

Il Far West è un mondo fatto di piccole città costruite di legno, più moderne di quelle di Maciste e perciò più vicine alla fantasia di un bambino. Sono paesi con una strada principale, proprio come il mio, dove il bar si chiamava Saloon e non vendeva gelati. Pur senza granite e senza panna, anche lì c’era sempre il sopruso, l’invasione, l’inganno, la parola non mantenuta, la violenza, l’arroganza, tutte cose insopportabili, tragiche, destinate a perire sotto la scure della giustizia e della fratellanza, la velocità delle pistole rimpiazzava la forza di Maciste e tutto finiva bene.

Si usciva dal cinema salendo per una ripida scala di sassi con il desiderio del futuro che era certezza più che semplice speranza, il male esisteva solo per essere sopraffatto. A pensarci oggi mi rendo conto che si usciva con tre certezze tutte sbagliate e distrutte dalla storia: 

uno, a sentenziare la giustizia ci avrebbe pensato una pistola,

due, esistevano razze diverse all’interno del genere umano,

tre che i bianchi erano i buoni e i pellirosse malvagi.

Ci sarebbe anche un quattro, e cioè che questa malvagità tutto sommato poteva non essere congenita alla razza inferiore, ma derivare soltanto dal fatto che si trattava di selvaggi non ancora adatti alla civiltà a cui noi appartenevamo.

Come vedi le convinzioni di un bambino dipendevano dalla forza dell’immaginario, dalla pervasività dei media, diremmo oggi, che a quei tempi era il cinema. Nelle discussioni che inevitabilmente seguivano la visione di un film e che regolarmente avvenivano il giorno dopo nelle classi elementari della scuola Carducci, l’odio per gli indiani, i selvaggi e le razze inferiori era un dato di fatto. Si trattava di un potente depistaggio sentimentale, costruito dagli invasori di allora con la complicità dell’industria, che faceva breccia in un popolo in cui sopravviveva intatta la nostalgia per colonialismo imperiale, un atteggiamento di chiaramarca fascista, come si sarebbe detto pochi anni più tardi.

La storia è tutta diversa, occorrerà arrivare a Soldato Blu, al racconto del Massacro di Sand Creek per aprire gli occhi e dare la possibilità a chi avesse le capacità di farlo di scavare nei fatti e nelle cause per considerare la complessità del fenomeno l’economia che invade la cultura chiamando l’invasore colono. Sono passati sessanta e più anni, Piccolo grande uomo, Balla coi lupi, Killers of the Flower Moon, ma soprattutto la storia di un capitalismo in espansione che promuove l’invasione per impadronirsi delle risorse naturali. Cosi verso Ovest fino al lontano Ovest, il Far West di quei film. Agli occhi dei bianchi convinti della esistenza delle razze e sicuri della loro superiorità, l’espansione diventava lecita. Agivano come se non ci fosse nessun abitante nativo e stanziale, qualche volta in nome della fede e con la Bibbia in mano. Diventa lecito uccidere, lecita la strage, la pulizia etnica, lecito fare accordi e poi non rispettarli, lecito raccontare solo le violenze subite, tralasciando quelle fatte, tralasciando le cause, semplificando la complessità della Storia e spianando il terreno alla mediocrità di pensiero che è più tragica e pericolosa della cattiveria.

Così pensavo, pensavo a quel bambino, quando sentivo raccontare dei fatti di Gaza. Del trattato di pace. Scusa, la pace si fa quando due eserciti sono in guerra, non mi risulta che il popolo Palestinese e l’organismo politico che lo guida abbiano dichiarato una guerra. Gli accordi di Oslo tra Rabin e Arafat con la benedizione di Clinton hanno sancito l’autogoverno di un popolo che oggi dipende dal suo presidente eletto. Proprio come il Trattato di Fort Laramie (1851), violato sistematicamente dal governo degli Stati Uniti espandendo le colonie nei territori dei nativi. Quell’espansione fu ritenuta illegale dalla corte suprema americana un secolo dopo, probabilmente quanto servirà al popolo Palestinese. Pensa al massacro di cui parlavamo all’inizio, quello di Soldato blu per capirci, l’esercito americano ha espresso raccapriccio e condanna, senza mai punire alcuno dei responsabili. Possibile che il mondo non impari dalla storia? Siamo di fronte ad un nuovo massacro per estirpare terra e cultura ai legittimi proprietari con analoghe convinzioni razziste e analoghi interessi economici di fronte alla stessa indifferenza dei governi fatti salvi i giovani che scendono in piazza uniti, numerosi e diversi.

Che dire mia cara amica, i media possono violare la storia recando offesa agli stessi spettatori inermi, solo per questo i giornalisti sono stati espulsi o uccisi nei pressi di Gaza, nessun controllo indipendente dal potere significa niente democrazia. Reagire ad uno strapotere come questo per me significa solo smettere di credere e pretendere di scoprire, leggere le fonti e dedicare ogni minuto libero alla propria crescita intellettuale. Come quel bambino, ormai cresciuto, che si è fatto l’idea che il danaro possa cambiare la coscienza e l’integrità e trasformare il popolo in folla con la forza distruttrice della mediocrità. I mediocri sono indifferenti, aiutano la corruzione, consentono stermini di bambini innocenti, sono i mediocri che assistono alla denutrizione come arma di massa. Ogni minuto libero va speso contro questa peste infettiva. Avevano ragione i Greci, tanto per cambiare, loro avevano inventato la scholè, la scuola che per noi è un luogo, mentre per loro era il tempo libero dagli obblighi della vita. Restare studenti aiuta, che ne dici?

Con affetto, tuo

Aldo


Commenti

Una risposta a “CARA AMICA TI SCRIVO. L’ERRORE DI VOLER RISCRIVERE LA STORIA”

  1. Avatar Claudio Puliti
    Claudio Puliti

    Caro Aldo. Come al solito ci regali approfondimenti potenti su questioni apparentemente divisive che invece alla tua analisi si mostrano chiare e indiscutibili. Grazie.
    Aspetto il prossimo regalo.