ingiusta, asimmetrica e inefficiente: per quale democrazia?
L’ anti-riforma della giustizia é legge dello Stato. Da oggi saremo più lenti e ingiusti, anche perché meno dotati di risorse utili per realizzare ciò che verrebbe promesso. L’esatto opposto di quel che ci saremmo potuti aspettare per mitigare le antiche furbizie italiche avendo svuotato il codice penale dai due pilastri che facevano da argine alla corruzione endemica del “bel paese”: abuso d’ufficio e traffico di influenze. Il primo come presidio di legalità nel monitoraggio di comportamenti illeciti di pubblici poteri, ovviamente compresi i magistrati. Il secondo a rappresentare una barriera contro attività lobbistico- corruttive e per questo adottata in tutti i paesi europei e con la Convenzione di Merida della Nazioni Unite contro la corruzione. Coronati da un depotenziamento della procedura della custodia cautelare infarcita di “ostacoli e di trappole” tanto da renderla incapace di frenare i reati in corso e i fatti corruttivi.
Quest’ultimo focus ” rinforzato” da un “magistrato collegiale” di tre giudici a decidere di un arresto con evidenti effetti collaterali di lentezza e conflitto (oltre che di costo) anche perché esclusi dalle fasi procedurali successive oltre che per accumulo di insufficienza endemica di personale. Inoltre, con un interrogatorio preventivo che “disvelerà” ai potenziali corrotti il quadro inquisitorio squilibrando i rapporti e le relazioni di indagine, dunque rendendolo ingiusto e inefficiente.
Allungando di fatto tutto l’impianto processuale e con un immenso dispendio di risorse e di duplicazioni procedurali che non avranno altro che l’ “effetto paralisi” dei nostri già lenti tribunali in una elefantiaca “gabbia weberiana”. É forse questo l’obiettivo del Governo? Probabilmente si in una prospettiva di scavo del ridimensionamento “dall’interno” del potere giudiziario a favore di quello esecutivo, avendo già ridotto il Parlamento (legislativo) ad un “forno freddo“di decreti legge e successivamente ad un emiciclo di “nominati” dal potere supremo derivante dal premierato ma poi sottomessi o silenziati. Una antiriforma dunque rinsaldata poi dal ” prosciugamento delle intercettazioni (largamente utilizzate dallo stesso Nordio quando era magistrato) che allargherà lo iato tra giustizia di chi ha e può rispetto a chi non ha e non può o non ha voce.
Ossia a chi può accedere ad una voice rispetto a chi é solo concessa una exit. Che certo la separazione delle carriere non risolverà riguardando una ridotta marginalità di magistrati con una carriera e formazione delle competenze che devono avere un unico tronco unitario stabile perché ben piantato in un corpo radicale innervato su un terreno sociale complesso seppure poi con folti rami e una ampia chioma e capace di una crescita autonoma nell’auto-governo.
Ma questo Governo non era per “legge e ordine” anche come accumulatore seriale di pene (spesso inefficaci perché d’immagine)? Queste misure sembrano averlo trasformato in un Governo extra-legem e del disordine in una illusione “eteroguidata” da un super-Premier che “tutto regolerà” ….. con alto rischio che sia per sé o per la sua parte elettorale e senza contrappesi adeguati. Perché sarà una giustizia che facilita le relazioni di contiguità e le sliding doors, familismi e “amichettismi” nelle transazioni tra micro-lobbismi di un ordito di influenze nell’imprendibile ircocervo di un pubblico ormai fuso e confuso o mescolato al privato in un ordito che si vuole inestricabile e distinto solo da “corporatismi protetti”.
I reati dei “colletti bianchi” vengono derubricati a “reati amministrativi” sanzionabili funzionali a quell’intreccio corporatista immobile e autocefalo. Dunque i “colletti bianchi” inquinati dalle tossine dell’arricchimento da potere (anche i 3-4000 imputati/condannati in cerca di una amnistia secondo stime dell’ASM) potranno pascolare felici in lungo e in largo nelle istituzioni rafforzando lobbismi e continuando ad inquinare e distorcere gli stessi meccanismi del mercato contro il diritto dei tanti che credono nella trasparenza, nella concorrenza, nella cooperazione come fonti equitative e di promozione del merito, della qualità e del capitale reputazionale del paese. Senza peraltro considerare che il reato per corruzione da abuso d’ufficio contiene una sua forza dissuasiva o deterrente di tipo ecosistemico e con funzioni educative oltre che etiche, ma ora rimosse. Una macchina giudiziaria che si vuole in diretto contrasto dunque con ogni logica di efficienza e con ogni principio di uguaglianza di fronte alla legge e in violazione di tutti i nostri obblighi internazionali in tema di lotta alla corruzione e che produrrà un abbagliante cartellino rosso di infrazione dell’UE nelle prossime settimane o mesi. Eppure di una giustizia inquisitoria e poliziesca che si vorrebbe velocissima nel contrasto ai rave party e ai “ladri di polli” o a quei poveri disgraziati senza un permesso di soggiorno per lavoro e però proceduralmente lumacosa nel perseguire il caporalato o nei bandi per le concessioni delle spiagge e delle licenze dei taxy se non dopo qualche braccio staccato da macchine agricole in colonie penali per soli schiavi nella raccolta di pomodori o patate sul suolo nazionale di un paese europeo.
Il “paese di Bengodi” per rentier e corruttele nella melassa dei favori incrociati fino ai legami tra criminalità ed estremismo nero che l’indagine romana e gli arresti recenti hanno scoperchiato con evidenza. Dunque, intanto “tutti fuori felici e impuniti” con tanti saluti alle vittime e al paese degli onesti. Certo ci vorrà anche l’impegno della magistratura a sanare i “vuoti o le distrazioni da malagiustizia” ma rigorosamente nell’indipendenza dei poteri senza vendette e ritorsioni in un dialogo costante e fattivo, faticoso e necessario che superi i “sospetti” nella fiducia reciproca. Perché solo insieme potremo produrre una “giustizia giusta”, riducendo il “rischio legale e reputazionale” in un paese che possa riconoscersi continuando ad attrarre talenti e investimenti frenati da lentezze, asimmetrie e vischiosità nella certezza del diritto quale base della nostra convivenza civica e dei potenziali di una crescita condivisa coinvolgendo nella partecipazione.
Perché è Mattarella che ci ricorda inesausto cosa sia l’anima della democrazia. “Non è fuor di luogo, allora, chiedersi se vi sia, e quale, un’anima della democrazia. O questa si traduce soltanto in un metodo? Cosa la ispira? Cosa ne fa l’ossatura che sorregge il corpo delle nostre Istituzioni e la vita civile della nostra comunità? È un interrogativo che ha accompagnato e accompagna il progresso dell’Italia, dell’Europa”. La “giustizia giusta” ne è l’anima pulsante perché ci rende liberi di scegliere una libertà nella condivisione dei nostri limiti. E è ancora il Presidente Mattarella a ricordarci che Alexis de Tocqueville come Norberto Bobbio affermavano infatti che “una democrazia senz’anima è destinata a implodere, non per gli aspetti formali, naturalmente, bensì per i contenuti valoriali che vengono meno” e che – potremmo dire – rischiano di svuotarla dall’interno, non dunque con la violenza (come fu per il nazi-fascismo) ma con la “forza regolativa” di una maggioranza (parlamentare) sulla minoranza ma a rappresentanza di un Popolo (maggioritario) del non voto fratturando la forza del demos. Mentre riformare significa allora soprattutto unire e coinvolgere nella partecipazione come antivirus contro ogni forma di autoritarismo.
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